giovedì 5 dicembre 2013

Io sto con Carla e Franco

Lo choc è stato grande, lo ammetto. Il coinvolgimento emotivo anche. La notizia dell'arresto di Carla Girasole, mia amica, ex sindaco di Isola Capo Rizzuto, non sono ancora riuscita a comprenderla del tutto. Ho letto le agenzie e gli articoli; ho cercato di capire a distanza, da Marrakech, dove ora mi trovo, cosa sia accaduto. Carla e il marito, Franco, suo strettissimo collaboratore, sono accusati in sostanza di doppiogiochismo. In segreto avrebbero stretto accordi con i più noti esponenti della n'drangheta calabrese, mentre in pubblico li combattevano. Carla, frontwoman sul palco dell'antimafia, dietro le quinte tesseva la tela dell'inciucio, proprio grazie a Franco. Eletta con i voti della n'drangheta, 1.350 su 3.360 preferenze, avrebbe poi reso favore su favore, garantendo appalti e privilegi.
Una cosa grave, una cosa che non possono aver fatto. 


In cambio preferenze ci furono favori su terreni confiscati 
(ANSA) - CROTONE, 3 DIC - La cosca di 'ndrangheta degli Arena assicuro' 1.350 voti per l'elezione di Carolina Girasole a sindaco di Isola Capo Rizzuto. E' quanto emerge dall'ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari distrettuale di Catanzaro, Abigail Mellace, che ha accolto la richiesta del sostituto procuratore generale Salvatore Curcio. Nelle oltre cinquecento pagine dell'ordinanza il giudice evidenzia che ci fu un accordo tra Franco Pugliese, marito di Carolina Girasole ed anch'egli posto ai domiciliari, con Massimo e Pasquale Arena, figli del boss Nicola Arena, per "ottenere voti effettivamente reperiti ed assicurati dalla cosca in misura di almeno 1.350". L'accordo tra la cosca e l'allora sindaco era finalizzato a "futuri favoritismi - prosegue il giudice - ed agevolazioni in favore della consorteria di 'ndrangheta da parte del sindaco e della sua amministrazione. Favori che, nel caso di specie, si concretizzavano, attraverso un'attivita' amministrativa apparentemente lecita e sapientemente guidata, nell'assicurare alla cosca Arena non solo il mantenimento di fatto del possesso dei terreni confiscati a Nicola Arena, quanto la loro coltivazione a finocchio e la relativa raccolta dei prodotti inerenti all'annata agraria 2010". (ANSA).

LE 03-DIC-13 14:14 NNNN

Prima che all'indagine, ho pensato alle persone. Quelle che ruotano attorno a Carla e Franco sono tutte persone amiche, parenti, affini. Le conosco una per una e subisco con loro lo schiaffo, l'onta, la rabbia in un crescendo da tragedia all'italiana.

Isola Capo Rizzuto è un paese difficile. Secondo le stime che proprio Carla la scorsa estate mi ha illustrato, il 30 per cento di chi lo abita è legato alla n'drangheta. "Vuol dire che tre persone su dieci di quelle che conosciamo sono dei loro. Sei sicura?", le ho chiesto deglutendo a vuoto. Carla, guardandomi negli occhi, ha annuito. Quella sera in pizzeria, agli inizi di agosto, ho passato in rassegna artigiani, maestranze, tecnici, donne e uomini che, nel corso degli anni, ho conosciuto e coinvolto nei piccoli o grandi lavori del quotidiano. Tre su dieci avevano di sicuro lavorato anche per la n'drangheta. Ma con certezza ho escluso le persone del cuore, perché so che pane hanno mangiato.

Tre anni di intercettazioni hanno stretto il cerchio degli inquirenti su n'dranghetari e affari: 13 arresti. Ora dicono che un'auto esplosa (quella di Carla) e una casa incendiata (quella di Franco, al mare) siano opera di criminalità comune. Carla, eletta sindaco nel 2008, ha caratterizzato il suo mandato sull'impegno in nome della legalità, in un paese più volte commissariato per infiltrazioni, non certo di umidità. Ha ricevuto minacce di morte; il municipio è stato più volte preso di mira da vandali.

 Arena commenta ironicamente fama "antimafia' ex sindaco Girasole 
(ANSA) - CROTONE, 3 DIC - "Glielo direi io come ha preso i voti". E' questa una delle frasi pronunciate da Pasquale Arena, figlio del boss dell'omonima cosca Nicola Arena, nel corso di una conversazione intercettata e riportata nell'ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del tribunale di Catanzaro, Abigail Mellace, nei confronti dell'ex sindaco di Isola Capo Rizzuto, Carolina Girasole, del marito, Franco Pugliese, e di altre persone coinvolte nell'indagine. Nel corso delle indagini condotte dalla Guardia di finanza e coordinate dal sostituto procuratore generale Salvatore Curcio, sono state effettuate numerose intercettazioni telefoniche ed ambientali. In una delle conversazioni Pasquale Arena sostiene che si era molto attivato per procurare voti al sindaco "facendo favori ai cristiani". Il figlio del boss commenta poi "ironicamente - e' scritto nell'ordinanza di custodia cautelare - la fama mediatica di sindaco antimafia conquistata dalla Girasole mettendo in diretta relazione l'immagine pubblica della donna con l'eloquente frase 'glielo direi io come ha preso i voti'. Arena, stizzito, ricorda poi anche che il suo diretto interlocutore, Francesco Notaro, dipendente comunale e responsabile dell'ufficio demografico del Comune di Isola Capo Rizzuto, che gli aveva indicato la Girasole come 'la persona da portare avanti' in campagna elettorale. Pasquale Arena, nella conversazione intercettata, ricorda anche che "quella notte, andando e tornando da Crotone, gli abbiamo procurato 350 voti anche con sigarette e omaggi". (ANSA).  
LE 03-DIC-13 15:06 NNNN

Il paese è sempre stato diviso in due: quelli Perbene e gli Altri. Tutti conoscono gli Altri. Li riconoscono quando vedono le loro foto. Ridono con amarezza quando le nuove generazioni di Altri finiscono in manette e si avviano in carcere con la laurea della Bocconi in tasca e la Luis Vuitton sulla spalla. Fanno affari con i grandi appalti dell'Expo, a quel che risulta, ma si vede che servono anche gli spiccioli dei finocchi. Questa estate, quando un gruppetto di Altri faceva le gare con le moto d'acqua sullo specchio di mare dove nuotavano anche i bambini, quelli perbene non hanno chiamato la Guardia costiera. Lo hanno fatto i turisti. Poi, la Guardia costiera arriva, mossa anche da filmati ripresi con i telefonini e inviati in diretta, e quelli perbene allontanano i bambini. Gli agenti scattano foto e vuoi mica che ti chiamino a testimoniare... dicevano sulla spiaggia.

Questo lo so, lo sappiamo tutti. Lo sanno anche gli Altri.

Ma quelli perbene che in paese sono tanti, sette su dieci, sono anche soli. Preferiscono non farsi coinvolgere per via della solitudine, quando sono persone di cultura, o per vergogna, se fanno parte dei semplici. In ogni caso, per paura. Sono stanchi e demoralizzati, assuefatti da una politica lontana, sempre distratta dai ricavi. Quanto vale il centro di accoglienza di Capo Rizzuto? A chi fa comodo tenere chiuso l'aeroporto di Sant'Anna, strappato molti anni fa agli F16 statunitensi? Quanto rende il parco eolico, anche se è collocato in un angolo senza vento?
Sono Perbene, osservano, ascoltano, sanno di subire ingiustizie, ma hanno anche imparato che a muoversi ci si espone a rischi che nessuno poi contribuisce a limitare se non a debellare del tutto. Gli Altri muovono il vento. Ai Perbene resta il ruolo di fogliolina.

Ora, io so che Carla e Franco hanno spiegato l'orrore della n'drangheta alle loro figlie. Io c'ero. E c'ero anche quando hanno ricevuto spiegazioni, ai tempi, dai loro rispettivi genitori.
Carla e Franco sono sempre state persone con la schiena dritta. E ho fiducia nella magistratura che al momento ha ascoltato solo le parole degli Altri, poi, spero prestissimo, ascolterà anche quelle di Carla e Franco. Carla, intanto, non è stata rieletta sindaco, ha ottenuto solo 1.188 voti. Non sono bastati i favori fatti agli Altri, evidentemente. E non è stata nemmeno eletta in Parlamento, dove s'era candidata per la lista Monti.

Procuratore, verita' dobbiamo seguirla fino in fondo 
(ANSA) - CROTONE, 3 DIC - "Il dolore e' di tutti perche' questo alimenta la sfiducia". Lo ha detto il procuratore della Dda di Catanzaro, Vincenzo Lombardo, che ha illustrato stamane a Crotone l'operazione della Guardia di finanza chiamata "Insula" che ha portato all'esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare. Il provvedimento e' stato emesso dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Catanzaro, Abigail Mellace, che ha accolto la richiesta del sostituto procuratore generale, Salvatore Curcio. In carcere sono finiti Nicola Arena, boss di Isola Capo Rizzuto; i figli Massimo e Pasquale; Francesco Ponissa, Salvatore Arena, di 22 anni; Luigi Tarasi, Vittorio Perri ed il poliziotto Carlo Capizzano. Ai domiciliari sono stati posti l'ex sindaco di Isola Capo Rizzuto Carolina Girasole e il marito Francesco Pugliese, oltre ad Antonio Demeco. "Le investigazioni sottoposte al giudice - ha aggiunto Lombardo - nascono dalle osservazioni della cosca Arena. Non abbiamo seguito le elezioni del 2008. Non ce ne era motivo. Ma la verita' dobbiamo seguirla fino in fondo". L'ipotesi sulla quale si basano le indagini sono le intercettazioni telefoniche ed ambientali dalle quali gli Arena sostengono, proprio in riferimento a Carolina Girasole, "noi l'abbiamo sostenuta attraverso il marito". "Proprio in base a questo - ha aggiunto Lombardo - sperano in quello che realmente avviene". Il sostituto procuratore distrettuale Giovanni Bombardiere ha evidenziato che l'operazione della Guardia di Finanza "prova le infiltrazioni di cosche di 'ndrangheta nella pubblica amministrazione". Alla conferenza stampa, introdotta dal comandante provinciale di Crotone della Guardia di finanza, colonnello Teodosio Marmo, ha partecipato il procuratore della Repubblica di Crotone, Raffaele Mazzotta, il quale ha sottolineato che "lo Stato c'e' anche in quei territori apparentemente nelle mani del'illegalita'". (ANSA).

YRZ-LE/MED 03-DIC-13 15:11 NNNN


venerdì 4 ottobre 2013

Pourquoi Lampedusa mérite-t-elle le prix Nobel


La paix n’est pas un concept abstrait. La paix est un geste vers les hommes, les femmes et les enfants. Il n’existe aucun autre lieu au monde où l’on ait vu mettre en pratique cet engagement de façon si constante et déterminée. Cet endroit, c’est un petit village perdu au milieu de la mer, Lampedusa. Avec tous ses habitants, ses sauveteurs, ses médecins, ses bénévoles. Dernièrement, ils ont encore sauvé les vivants et recueilli les morts.
J’en ai fait personnellement l’expérience. Dans la nuit du 23 au 24 septembre 2005. Un homme que je ne connaissais pas et qui ne me connaissait pas m’a vu dans la mer nageant à la dérive. Il m’a aidé à remonter sur les rochers, puis il m’a fait étendre sur la pierre. Il a enlevé sa chemise et m’en a couvert la poitrine. Je continuais à trembler de froid. Alors, il s’est allongé au dessus de mon corps. Il était lourd, et comment. C’est comme ça qu’il m’a réchauffé. Sans savoir qui j’étais. J’étais sale, j’avais une barbe hirsute de plusieurs mois, j’aurais pu être malade, contagieux. J’ai imprimé sa voix et ses mots dans mon cœur. Ils méritent d’être répétés : « Ce pauvre homme a passé près de cinq heures à demander de l’aide, disait-il à ceux qui étaient autour de lui. Je l’ai entendu crier vers dix heures. Je pensais que c’était un de ces touristes ivres qui dorment sur la plage, et j’ai même dit : Qui va là ? Mon Dieu, pardonne-moi. Cet homme est gelé. Il tremble… Allez, que quelqu’un apporte une couverture, cette homme est en train de mourir de froid. Courage, on t’apporte une couverture pour que tu te réchauffes ». Ensuite, il s’est agenouillé pour me frotter les pieds.
Quelque temps après la publication, dans L’Espresso, de mon enquête sous couverture, nous nous sommes revus pour la première fois. Massimo Costanza n’était pas un sauveteur professionnel. Il est électricien dans un hôtel, marié, avec des enfants. En somme, une personne normale. Loin des centres de rétention où les survivants sont placés, comme le veut la loi, loin des fils barbelés, de la détention jusqu’à dix-huit mois, loin d’une politique étrangère incompétente qui n’aboutit à rien, telle est Lampedusa. Ces personnes ne font pas de différence entre amis et ennemis, compatriotes et étrangers, citoyens et immigrants.
C’est pourquoi, une fois inhumés les dizaines et les dizaines de morts, une fois la polémique calmée, – et alors qu’en 2012, l’Union Européenne, aujourd’hui coupable absente dans cette tragédie des rives de la Méditerranée, a été primée – ce sont bien les habitants de cette île, capitale mondiale d’humanité, qui méritent le Prix Nobel de la Paix.

giovedì 26 settembre 2013

Gli italiani, la pasta e i gay

Secondo l'Eurispes, l'Istituto di studi politici, economici e sociali, per l'82 per cento degli italiani l'omosessualità non sarebbe più un taboo.

Dall’ultima indagine condotta dall’Eurispes sul tema omosessualità emerge che l’82% degli italiani dichiara di non avere nei confronti degli omosessuali atteggiamenti diversi rispetto a quelli che si hanno nei confronti di chiunque altro. Il 9,4% dichiara di sentirsi imbarazzato in loro presenza, mentre il 4,5% afferma che preferisce non entrarci in contatto. Solo l’1,3% mostra apertamente un atteggiamento di disapprovazione nei loro confronti. Osservando questi dati emerge, dunque, che soltanto il 15% circa degli intervistati non ha un atteggiamento di completa e serena accettazione con gli omosessuali, e vive condizioni di disagio, più o meno marcate (che vanno dall’imbarazzo alla disapprovazione manifesta), quando vi entra in contatto. 
Dice "serena e completa accettazione". Ma i conti di sondaggisti e ricercatori chissà perché non mi tornano mai.
In una sola giornata il termometro delle opinioni (non richieste, libere e pubblicate sul web senza troppe ricerche) dice altro.

Il manager dichiara:
«Non metterei in una nostra pubblicità una famiglia gay perché noi siamo per la famiglia tradizionale. Se i gay non sono d’accordo, possono sempre mangiare la pasta di un’altra marca. Tutti sono liberi di fare ciò che vogliono purché non infastidiscano gli altri». Guido Barilla a La zanzara, su Radio24, 25 settembre 2013.
 La Rete risponde: boicottiamo Barilla


Via Twitter arrivano le scuse.
Ma non tutti sono d'accordo:


In effetti, dice Eurispes:
La maggioranza degli intervistati (51%) considera l’omosessualità come una forma d’amore alla stregua dell’eterosessualità. Il 35,3% ha dichiarato, invece, di tollerare l’omosessualità, purché non venga ostentata, mentre il 9% (vale a dire meno di un italiano su 10) ritiene che sia sinonimo di immoralità. Le donne, in generale, accettano con maggiore serenità e naturalezza l’omosessualità: gli uomini, infatti, appaiono, essere meno persuasi che l’amore tra persone dello stesso sesso sia uguale a quello eterosessuale: esprime questo parere il 47% dei maschi, contro il 54,7% delle donne. I primi, però, appaiono essere lievemente più tolleranti rispetto alle donne (36,6% contro il 34,2%) nei confronti dell’omosessualità, purché questa non venga ostentata. Esiste, infine, una certa differenza percentuale tra uomini e donne nel ritenere l’omosessualità una forma di immoralità (11,4% contro il 6,7%). 
Cosa vuol dire "tollerare" purché "l'omosessualità non venga ostentata"?

La tolleranza ha sempre una sfumatura negativa, sottintende anche indulgenza, persino sopportazione.

L'amore, la convivenza e la fratellanza, può sembrare una battuta, ma sono fatte di tutt'altra pasta.

venerdì 13 settembre 2013

Magistrati più indipendenti, il Marocco vara la riforma della Giustizia

(ASCA) - Roma, 13 set - Il governo del Marocco ha presentato le attese riforme del sistema giudiziario, che prevedono un rafforzamento dell'indipendenza della magistratura. Il provvedimento è stato illustrato dal Ministero della Giustizia, due anni dopo la nuova Costituzione approvata per evitare che il Regno fosse coinvolto nelle proteste che diedero luogo alla cosiddetta Primavera araba. Oltre all'indipendenza dei giudici, e a un aumento dei loro roganici e salari, le nuove norme saranno mirate anche alla protezione dei diritti umani. ''Il governo utilizzerà tutti i mezzi necessari per far sì che questo progetto abbia successo'', ha commentato il primo ministro Abdelilah Benkirane, vincitore delle elezioni nel 2011 alla guida del Partito islamista per la Giustizia e lo Sviluppo. Human Rights Watch, in un rapporto di 100 pagine pubblicato lo scorso giugno, ha accusato i tribunali del Marocco di aver comminato numerose sentenze motivate politicamente negli ultimi cinque anni. Secondo l'organizzazione dei diritti umani, i giudici non hanno effettuato alcune indagini sulle torture denunciate dai detenuti per ottenere la loro confessione. (Fonte AFP).

giovedì 29 agosto 2013

300 euro al mese. Lorde, per carità....

(AGI) - Milano, 28 ago. - Il Comune di Arconate, la cui giunta e'
guidata dal senatore e vicepresidente del Consiglio regionale
lombardo Mario Mantovani (Pdl), bandisce tramite il suo sito una
'selezione pubblica per incarico di addetto stampa' che prevede un
compenso di "300 euro lorde mensili in via sperimentale". Numerose le
competenze richieste al giornalista che verra' scelto, elencate in
sette punti alla voce 'oggetto dell'incarico': dalla redazione dei
comunicati stampa sulle attivita' dell'amministrazione, alla
collaborazione per la promozione in materia culturale, ricreativa e
turistica, all'ideazione e realizzazione di depliant e locandine,
all'individuazione di "forme innovative della comunicazione". (AGI)
Mi2 (Segue)
281916 AGO 13

NNNN


(AGI) - Milano, 28 ago. - Il Comune di Arconate, la cui giunta
e' guidata dal senatore e vicepresidente del Consiglio
regionale lombardo Mario Mantovani (Pdl), bandisce tramite il
suo sito una 'selezione pubblica per incarico di addetto
stampa' che prevede un compenso di "300 euro lorde mensili in
via sperimentale". Numerose le competenze richieste al
giornalista che verra' scelto, elencate in sette punti alla
voce 'oggetto dell'incarico': dalla redazione dei comunicati
stampa sulle attivita' dell'amministrazione, alla
collaborazione per la promozione in materia culturale,
ricreativa e turistica, all'ideazione e realizzazione di
depliant e locandine, all'individuazione di "forme innovative
della comunicazione". (AGI) 
Mi2/Car  (Segue)
281916 AGO 13

NNNN


(AGI) - Milano, 28 ago. - Tra i requisiti richiesti, oltre alla
laurea o due anni di esperienza nel settore, al godimento dei
diritti politici e all'assenza di sentenze di condanna passate
in giudicato, c'e' anche quello di "non avere rapporti di
collaborazione continuativa o incarichi continuativi con
testate giornalistiche". "L'incaricato - viene precisato -
"dovra' garantire la propria disponibilita' a partecipare a
iniziative ed eventi anche in orario serale e in giorni
festivi". (AGI)
Mi2/Car
281916 AGO 13


Non ci si può credere, ma per verificare il link è questo: http://www.arconate.org/news/11/28/188/

venerdì 12 luglio 2013

Riciclo vanesio


Sono collane e orecchini festosi. Erano cialde per fare il caffè. L'idea è di Jackie, creativa quanto basta, ossessionata dalla montagna di capsule che, bevuto il caffè, ingombrano la cucina. 
Che farne? Jackie le svuota, le lava, le schiaccia con il batticarne: et voilà. 
I prezzi sono commoventi e tutto il ricavato rimpolpa le casse di una scuola, quella sì con pochi fondi...

giovedì 4 luglio 2013

giovedì 30 maggio 2013

Capo Rizzuto, il sindaco, la mafia

A Isola Capo Rizzuto, in Calabria, se perdi le elezioni amministrative capita anche che ti bruciano casa. La logica è simile a quella degli antichi romani che mettevano a ferro e fuoco il territorio dei nemici. Perché un sindaco, in terra di mafia, è un nemico. 

Carla Girasole ha fatto di tutto per essere nemica. Per esempio, all'inizio del mandato, cinque anni fa, ha comprato una macchina per la pulizia delle spiagge comunali, togliendo il compito a chi lo aveva avuto senza neanche vincere una gara d'appalto. Per esempio, ha chiesto aiuto a don Ciotti e a Libera. Ma quando si è trattato di raccogliere i finocchi cresciuti nei campi espropriati alla mafia, per avere i trattori necessari, è intervenuta la Provincia. Nessun agricoltore ha avuto il coraggio di mettere a disposizione gli strumenti e nemmeno le braccia.

L'ex sindaco di Isola Capo Rizzuto, paese ad alta densità mafiosa, commissariato per molti anni prima di avere di nuovo una maggioranza e un'opposizione scelte con elezioni democratiche, ha subito minacce. Due anni fa le hanno bruciato l'auto sotto casa. Carla Girasole era sotto tutela, una sorta di scorta per le persone esposte a rischio. E le due figlie adolescenti hanno imparato giovanissime ad avere paura. 

L'ex sindaco scomodo ha anche l'aggravante di essere donna, per giunta laureata e seria professionista, in un paese come la Calabria, dove le differenze di genere seguono regole per niente democratiche. C'è chi analizza il tribalismo calabrese e chi vi resiste, d'accordo. Il sociologo avrà gli strumenti per studiare, ma fa tenerezza chi oggi, anno domini duomillesimodecimoterzo, ricorre al rap per far sentire la sua voce di donna.

Ora, l'ex sindaco di Isola Capo Rizzuto, può aver commesso errori, ha sicuramente pestato i piedi. L'incendio di casa sua dopo la sconfitta elettorale è proprio un segnale brutto. Ma può essere la cartina di tornasole. Il nuovo sindaco saprà prendere le distanze dal fattaccio. Ma a questo punto un politologo serio troverà interessante il caso e si spera vorrà osservare il paese come laboratorio di studio. Bisognerà capire perché Isola Capo Rizzuto ha scelto di non riconfermare Carla Girasole, decisione democratica, condivisa, che merita rispetto, ma alla luce di questo incendio, uno "sgarro", desta sospetto.

Isola Capo Rizzuto è un paese mafioso? 

mercoledì 15 maggio 2013

Siamo alla frutta?

Ricevo allettanti proposte da negozi chic di Milano. Tipo questa: vieni a fare compere da noi, il venerdì, ti regaliamo una cassetta di frutta e verdura. Qualcuno regala bouquet di erbe aromatiche, altri aggiungono alla borsa griffata anche lo spaghetto nologo ma molto di nicchia. 
Siamo alla frutta?

martedì 14 maggio 2013

Lutring, una raffica di ricordi

   Diceva "shampata" e ti catapultava in un'atmosfera d'altri tempi. Con la gentilezza che gli è stata riconosciuta fin dai primi colpi, Luciano Lutring parlava di sé, delle rapine che lo hanno reso famoso col distacco di chi le ha fatte, ma prima ancora studiate. Se ne è andato di notte,  tra domenica 12 e lunedì 13 maggio, all'ospedale, dopo una caduta in casa. I suoi 76 anni li dimostrava solo quando arrivava il colpo di tosse, quasi un tuono. Con civetteria ricordava di quando in Francia, voleur gentilhomme, come lo apostrofava France-Soir negli anni Sessanta, lo hanno beccato, crivellato di colpi e spedito all'obitorio per gli studi di anatomia.

  "Vero o no?" era l'intercalare che gli era rimasto da quegli anni. In francese, per il resto, conosceva solo tre espressioni: "Fermi tutti", "Mani in alto" e "Fuori i soldi". Ma in ogni angolo di quel paese, si trattasse di Parigi, Marsiglia o Nizza, sapeva dove comprare le rose da lasciare alle impiegate di banca: piccola consolazione per lo choc. 
   Ex professionista del crimine, con 280 colpi - le shampate -  alle spalle, Lutring ha speso i giorni della sua pensione a dipingere, a scrivere le sue memorie, a seguire le figlie, sempre pronto a offrirti un caffè, nella casa che guarda il lago. Sapeva di non essere un buon esempio. E a quanti lo intervistavano raccomandava sempre di parlare della sua nuova vita, di scrivere "ex rapinatore" davanti al suo nome.  

   Ma aveva buona parlantina, gli piaceva raccontarsi e lo ha fatto con generosità rivelando dettagli e particolari che potevano riaprire conti già chiusi. Ha avuto in sorte due grazie, una francese e una italiana, controcanto, ha sempre detto, al dolore per la perdita dell'unico figlio maschio. E si arrabbiava per i modi di quelli che un tempo avrebbe considerato colleghi. "Di-le-ttanti", scandiva. "Quando lavoravamo noi, calcolavamo tutto". Sopralluoghi a volte di giornate intere per studiare l'impianto elettrico della banca e il tracciato dei cavi telefonici. E continuava a leggere i cambiamenti con occhio attento: l'antifurto nelle auto, le telecamere, il bancomat sorvegliato. A cercare una cifra della rapina all'italiana, lui la trovava proprio lì, nello studio di ogni particolare, nel calcolo della pena fatto prima di cominciare: aggravante uno, tre mesi; aggravante due, cinque e così via. Nulla lasciato al caso. Ogni volta che ne parlava, consigliava di smettere. 

  Con precisione ha falsificato carte d'identità e passaporti, prima, poi ha disegnato cartine per istituti geografici, mentre era dietro le sbarre, infine da uomo libero ha dato sfogo al suo lato d'artista: paesaggi aronesi, vedute di Milano, ritratti. 

  È stato l'uomo della seconda chance, senza mai dimenticare la prima esistenza. "La vita ti riserva sempre un'altra possibilità, devi saperla cogliere". 

mercoledì 20 marzo 2013

Scrivere, parola di Philip Roth

That's what you're looking for as a writer when you're working. You're looking for your own freedom. To lose your inhibition to delve deep into your memory and experiences and life and then to find the prose that will persuade the reader.
Philip Roth

venerdì 15 marzo 2013

Marocco, Pasqua in anticipo

Persa tra le storie di tutti i giorni, avevo dimenticato lo shock della nascita. Così in terra di Islam, una Pasqua anticipata ha riportato sulla strada maestra me e i miei compagni di viaggio, Elena, Giovanni e Michelle. Tra gli ulivi della valle de Lourika una pecora ha partorito il suo cucciolo quasi ai nostri piedi. L'odore delle spezie, i profumi della natura ci avevano distratti. Poi, improvviso un belato, che non capivi se fosse di dolore, di gioia, di richiesta d'aiuto. Le altre foto sono qui.



sabato 2 febbraio 2013

Marocco: ricamare, comunicare

Per vent'anni ho cercato la parola giusta, il senso di una frase, la pregnanza di un verbo. Tutto inutile. La comunicazione passa attraverso il filo del ricamo, senza voce.
A Tissergat, un piccolo villaggio a otto chilometri da Zagora, nel Sud del Marocco, sono stata accolta nella cooperativa di un gruppo di donne che tessono tappeti e ricamano teli tradizionali. L'immensa palmerie che precede il deserto isola queste ragazze dal mondo. Non conoscono altra lingua che la loro, il berbero. E quelle che in tutti questi anni mi sono sforzata di imparare non sono servite a rompere la diffidenza.

Titubanti, sospettose, mi hanno guardata come da queste parti si guardano le facce bianche, i "romain", gli invasori: un bancomat con le gambe. Ho comprato qualche telo, la prima volta; la seconda, ho cercato inutilmente di scattare fotografie. Si sono nascoste. La terza, ho preso il piccolo telaio che una aveva sulle ginocchia e ho completato il lavoro a punto croce con il filo verde. Il mio modo di condurre l'ago, all'americana, è diverso dal loro, più simile al francese. Se ne sono accorte e me ne hanno chiesto conto. Lo scambio mi ha lasciato qualche termine berbero, la base per un passaggio di informazioni di servizio. "Come ti chiami?". "Come si dice?". La scrittura a ricamo ha potuto di più.

Siamo diventate amiche. Il venerdì mi hanno invitata a mangiare il cous cous nelle loro modestissime case, mi hanno presentato i figli e in qualche modo raccontato le loro storie, anche attraverso il ricamo. La più anziana, tre anni meno di me e dodici figli, mi ha chiesto di sederle accanto, davanti al telaio. E navetta dopo navetta, il tappeto che stava tessendo è cresciuto di una decina di centimetri. Il pettine che mi ha insegnato a manovrare ha sistemato l'ordito. La trama l'aveva impostata secondo tradizione.

Il telo che ho ultimato a punto croce, bianco con ricami verdi, è quello che usano per legare i bambini al loro corpo, sulle spalle. Il tappeto a righe che mi hanno fatto tessere è quello che copre il pane ancora caldo, appena tolto dal fuoco. Il nero dei loro manti tiene lontano gli influssi negativi. Ma sopra, i ricami coloratissimi disegnano una croce che orienta il modo di indossarli e in qualche modo significa. Ci sono girandole per dire il senso della vita, croci capaci di indirizzare i cuori e habibi (tesoro, amore) grandi o piccoli, per trovare l'uomo giusto o per avere bambini.

Quando ho lasciato Tissergat, le ragazze della cooperativa mi hanno salutata con affetto. Quattro baci ciascuna, molti inchallah e persino shiukran (grazie) per le ore passate insieme. Ho scattato foto ricordo, perché alla fine la confidenza che si era creata tra noi le ha convinte a posare. Sono foto ordinarie, turistiche quasi, che non rendono la vita, le storie che girano in quel piccolo locale buio, dove quelle donne passano le ore. Loro mi hanno ritratta, ago e filo, su una sciarpa feticcio. Ci sono io, i miei ricami, la mia risata, la mia passione per i pantaloni, pure condivisa.

martedì 8 gennaio 2013

Il viaggio di Alice



Mi ha seguita come solo un gatto sa fare: fedele, ma orgogliosa e indipendente. Non si è mai lasciata distrarre, giocando per tutta la vita, in un'infanzia perenne. Ha viaggiato al mio fianco, libera, accomodata sul cruscotto, senza mai perdermi di vista. Da lei ho imparato che ci si ferma per ascoltare le fusa, che anche russare è un po' fare le fusa. Che ci si guarda così tanto negli occhi fino a baciarsi con i nasi. Che anche da gatti si può pretendere un posto a tavola e uno sul divano. Ha accolto amici felini e umani, con simpatie tanto marcate quanto ingiustificate. Sapeva guardare l'altro lato delle cose: il giardino zen era una lettiera di lusso; il cartone del pandoro una giostra; il vaso dei tulipani la sdraio perfetta. Amava l'acqua, il sud della Francia, il sole, i formaggi, le maglie di cachemire e i croccantini. Preferiva su tutti Mozart. Seguiva i documentari tv sugli animali, ma non ha mai capito che fine facessero i titoli di coda. Li seguiva fino a quando sparivano, rincorrendoli dietro il televisore. Si chiamava Alice perché aveva sul dorso una macchia a forma di A, come quelle che disegnava Duerer. E non ha mai voluto saperne di nomignoli o altri richiami per gatti. Ha sopportato la vecchiaia e i suoi acciacchi con dignità. Poi, stamattina ha deciso di proseguire il viaggio da sola. Così, senza neppure un biglietto per dirmi cosa fare...