sabato 24 settembre 2011

Leica 24 x36: leicatemi

Scattare con una Leica è un privilegio. La macchina, in tutte le sue varianti, dall'analogico al digitale, è difficile, capricciosa persino, ma quando entri nel suo spirito, le altre sembrano scatolette di tonno (la mia è magica, le voglio bene, è sempre con me, ma è un po' scatoletta).
Fotografare con una Leica è da privilegiati. Costa così tanto che i fotografi di solito non possono permettersela.
La serietà del marchio (e, almeno nel mio caso, l'ansia di avere una Leica anche solo per poco, anche soltanto in comodato d'uso) ha scatenato i fotografi che sono in Rete. E il progetto lanciato per scoprire i nuovi talenti è stato preso d'assalto.
Sei all'altezza del mito? Figurarsi. Però concorrere è sempre una bella sfida. Mi sono lanciata, certo: qui le mie foto. Basta un "like" per votarle. I social network hanno una parte nella selezione. E questo è un tecno-grido che lancio world wide web: leicatemi!

mercoledì 14 settembre 2011

Greenpeace ha 40 anni

Greenpeace, l''associazione non governativa, ambientalista e pacifista, fondata a Vancouver, compie 40 anni. Era il 15 settembre 1971 quando, in piena guerra fredda, un gruppo di attivisti decise di opporsi ai test nucleari programmati dagli Stati Uniti in Alaska facendo rotta sull'isola di Amchitka a bordo di un vecchio peschereccio, il Phyllis Cormack. La nave venne fermata prima di giungere a destinazione, ma il movimento di opinione creatosi a seguito di questa azione spettacolare portò alla sospensione dei test nucleari. Da quella vittoria è nata Greenpeace, che oggi conta 27 uffici in 41 Paesi, tre milioni e mezzo di sostenitori e circa undici milioni di attivisti online che diffondono le sue campagne attraverso il web e i social media. "Quello che 40 anni fa ha mosso i primi attivisti era la consapevolezza che il mondo avesse bisogno di un movimento ambientalista e pacifista che parlasse direttamente alle persone per ispirarle ad agire", spiega Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia. "Dopo quattro decenni rimaniamo fedeli all'idea che la nostra missione è quella di testimoniare e denunciare in maniera indipendente e diretta i crimini ambientali commessi dai governi e dalle multinazionali, per dare voce al Pianeta che non ne ha".

lunedì 12 settembre 2011

La città della moda/ Il ripensamento

Accolta la richiesta dell'ANPI Provinciale di Milano di spostare 
le sfilate di moda dalla Loggia dei Mercanti


L'ANPI Provinciale di Milano esprime soddisfazione per la decisione dell'Amministrazione Comunale di spostare le sei sfilate di moda programmate dal 21 al 27 Settembre nella Loggia dei Mercanti, sotto la quale sorge il sacrario dei Caduti per la libertà e dei deportati milanesi scomparsi nei lager nazisti, in Piazza del Duomo lato Rinascente.

Con questa decisione,venendo incontro alla richiesta dell'ANPI, la Giunta Comunale riconosce la Loggia dei Mercanti come luogo importante della Memoria di Milano, città Medaglia d'Oro della Resistenza.

L'ANPI di Milano sottolinea inoltre la necessità di promuovere un incontro con il Sindaco e con l'Assessore alla Cultura sulle questioni riguardanti la sistemazione e il rilancio della Loggia dei Mercanti e la realizzazione della Casa della Memoria, obiettivi sui quali l'Amministrazione Comunale ha confermato il suo impegno.


Milano 12 Settembre 2011

venerdì 9 settembre 2011

La città della moda

Comunicato stampa
No alle sfilate della moda nella Loggia dei Mercanti

La settimana della moda che si svolgerà a Milano dal 21 al 27 Settembre 2011, promossa dalla Camera Nazionale della Moda Italiana, in accordo con l’Amministrazione Comunale di Milano, prevede ben sei sfilate nella Loggia dei Mercanti, sotto la quale sorge il sacrario dei Caduti per la Libertà e dei deportati milanesi scomparsi nei lager nazisti.Questo sacrario ha un grande significato per Milano, città Medaglia d’Oro della Resistenza.Milano rende sempre omaggio, nelle date fondanti della nostra democrazia, e nei momenti difficili che la nostra città ha attraversato a seguito del ripetersi di preoccupanti rigurgiti neofascisti e neonazisti, al sacrario della Loggia dei Mercanti.
L’ANPI milanese che si è recentemente opposta al progetto della Giunta Moratti di realizzare un city-center all’interno della Loggia, ha lanciato un appello per impedire che venga snaturato il sacrario dei Caduti di piazza dei Mercanti, sottoscritto da centinaia e centinaia di cittadini, i cui primi firmatari sono rappresentanti autorevoli della società e della cultura milanese. Per queste ragioni l’ANPI di Milano denuncia con fermezza l’iniziativa della sfilata della moda femminile che avrà luogo proprio all’interno della Loggia, violando apertamente la sacralità del luogo. Nelle linee programmatiche approvate dall’Amministrazione Comunale di centro-sinistra viene riaffermato un punto molto importante: il riconoscimento di Milano come capitale dell’Antifascismo e della Resistenza. Iniziative come le sfilate di moda nel sacrario dei Caduti vanno nella direzione opposta.
Una città che dimentica, cancella e non rispetta il proprio passato, è una città senza futuro.
L’ANPI Provinciale di Milano chiama, fin d’ora, gli antifascisti, i democratici, i cittadini di Milano alla mobilitazione perché la sacralità della Loggia sia rispettata e questo superstite angolo della Milano medioevale non sia violato.
ANPI Provinciale di Milano

mercoledì 7 settembre 2011

Sotto il vestito niente?

E due, dopo A&F, adesso è la Lacoste a prendere le distanze. 
Anders Behring Breivik, il killer di Oslo è stato diffidato dal marchio del coccodrillo che non vuole un testimonial negativo come lui.
Abercombrie and Fitch qualche settimana fa si è offerta di pagare i concorrenti di Jersey Shore, reality di Mtv, che punta sul trash, per evitare che indossino gli abiti del marchio americano più giovane e trendy. "Pubblicità negativa", sostengono.

Mi torna alla mente un proverbio cinese di ampie vedute che dice: "Quando fai il riso, fai il riso".

Perché nemmeno se ci fosse un costumista che sceglie l'abito per l'attore tamarro, comprandolo, credo che l'azienda possa diffidare qualcuno dall'indossare quell'abito.

Forse è una mia impressione, mi pare che si stia perdendo il senso del limite: nessuna azienda può comprare le mie scelte. Possono indurmi a scegliere le loro magliette, con la pubblicità che impongono ovunque si posi il mio sguardo. Poi però non possono scegliere anche di cancellare questo o quel cliente. Per parafrasare il saggio cinese, "Quando vendi magliette, vendi le magliette".

Anche il killer di Oslo ha diritto a comprarsi una maglietta col coccodrillo, se proprio gli piace. Non è che perché è un pluriomicida adesso gli togliamo anche le mutande.

lunedì 5 settembre 2011

Principi, valori e sciopero

Li confondiamo nel linguaggio comune, li sovrapponiamo come fossero sinonimi. Ma principi e valori non sono la stessa cosa e dovremmo ricordarcene quando li tiriamo in ballo. Soprattutto se ci sono in gioco diritti. È questione di filosofia, dirà qualcuno. Ma invece no, è questione di parlar chiaro. C'è un articolo di Gustavo Zagrebelsky, pubblicato su Repubblica nel 2008; è chiarissimo, dopo non si può sbagliare. Ne ripropongo i passi fondamentali:
Il valore, nella sfera morale, è qualcosa che deve valere, cioè un bene finale che chiede di essere realizzato attraverso attività a ciò orientate. È un fine, che contiene l’autorizzazione a qualunque azione, in quanto funzionale al suo raggiungimento. In breve, vale il motto: il fine giustifica i mezzi. Tra l’inizio e la conclusione dell’agire “per valori” può esserci di tutto, perché il valore copre di sé, legittimandola, qualsiasi azione che sia motivata dal fine di farlo valere. Il più nobile dei valori può giustificare la più ignobile delle azioni: la pace può giustificare la guerra; la libertà, gli stermini di massa; la vita, la morte, eccetera. Perciò, chi molto sbandiera i valori, spesso è un imbroglione. La massima dell’etica dei valori, infatti, è: agisci come ti pare, in vista del valore che affermi. Che poi il fine sia raggiunto, e quale prezzo, è un’altra questione e, comunque, la si potrà esaminare solo a cose fatte. 
Il discorso è più articolato, ma per brevità passiamo ai principi.
Il principio, invece, è qualcosa che deve principiare, cioè un bene iniziale che chiede di realizzarsi attraverso attività che prendono da esso avvio e si sviluppano di conseguenza. Il principio, a differenza del valore che autorizza ogni cosa, è normativo rispetto all’azione. La massima dell’etica dei principi è: agisci in ogni situazione particolare in modo che nella tua azione si trovi il riflesso del principio. Per usare un’immagine: il principio è come un blocco di ghiaccio che, a contatto con le circostanze della vita, si spezza in molti frammenti, in ciascuno dei quali si trova la stessa sostanza del blocco originario. Tra il principio e l’azione c’è un vincolo di coerenza (non di efficacia, come nel valore) che rende la seconda prevedibile. 
E se i principi fossero più d'uno?
....i principi non contengono una necessaria propensione totalitaria perché, quando occorre, quando cioè una stessa questione ne coinvolge più d’uno, essi possono combinarsi in maniera tale che ci sia un posto per tutti. I principi, si dice, possono bilanciarsi. Chi agisce “per principi” si trova nella condizione di colui che è sospinto da forze morali che gli stanno alle spalle e queste forze, spesso, sono più d’una. Ciascuno di noi aderisce, in quanto principi, alla libertà ma anche alla giustizia, alla democrazia ma anche all’autorità, alla clemenza e alla pietà ma anche alla fermezza nei confronti dei delinquenti: principi in sé opposti, ma che si prestano a combinazioni e devono combinarsi.
Ora, perché vogliamo difendere il principio della libertà imprenditoriale e della libera concorrenza, il diritto dei lettori e non invece un quello dei lavoratori. L'Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro. Fino a manovra contraria.

giovedì 1 settembre 2011

La diversità. Punto

La cita Corrado Stajano sul Fatto di oggi. E sono andata a ripescare l'intervista di Eugenio Scalfari a Enrico Berliguer. È del 1981. Ma l'attacco, cioè le prime righe sono attualissime.


La passione è finita?
Per noi comunisti la passione non è finita. Ma per gli altri? Non voglio dar giudizi e mettere il piede in casa altrui, ma i fatti ci sono e sono sotto gli occhi di tutti. I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l'iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un "boss" e dei "sotto-boss". La carta geopolitica dei partiti è fatta di nomi e di luoghi. Per la DC: Bisaglia in Veneto, Gava in Campania, Lattanzio in Puglia, Andreotti nel Lazio, De Mita ad Avellino, Gaspari in Abruzzo, Forlani nelle Marche e così via. Ma per i socialisti, più o meno, è lo stesso e per i socialdemocratici peggio ancora...
Lei mi ha detto poco fa che la degenerazione dei partiti è il punto essenziale della crisi italiana.
È quello che io penso.
Per quale motivo?
I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali. Per esempio, oggi c'è il pericolo che il maggior quotidiano italiano, il Corriere della Sera, cada in mano di questo o quel partito o di una sua corrente, ma noi impediremo che un grande organo di stampa come il Corriere faccia una così brutta fine. Insomma, tutto è già lottizzato e spartito o si vorrebbe lottizzare e spartire. E il risultato è drammatico. Tutte le "operazioni" che le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in funzione dell'interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica. Un credito bancario viene concesso se è utile a questo fine, se procura vantaggi e rapporti di clientela; un'autorizzazione amministrativa viene data, un appalto viene aggiudicato, una cattedra viene assegnata, un'attrezzatura di laboratorio viene finanziata, se i beneficiari fanno atto di fedeltà al partito che procura quei vantaggi, anche quando si tratta soltanto di riconoscimenti dovuti.