martedì 27 aprile 2010

Berlino: i volti degli altri, le vite degli altri

Strana atmosfera a Berlino, nei giorni scorsi. Città aperta, sogni possibili, idee, suggestioni, storia e storie.

La sbornia dura un attimo, il tempo di capire che a casa c'è qualcuno che imbroglia. Trovi case in affitto a 250 euro, trovi lavoro e se fai il turista ceni al ristorante senza fare un mutuo.

Il nuovo non è solo quello della ricostruzione dopo la caduta del muro. I grandi architetti hanno ridisegnato il volto della Berlino del 2000. Ma i giovani talenti trovano spazi, comunque.
Arte e design non sono sciocchezze: le testimonianze sono ovunque al punto che il Salone sembra un tinello se lo confronti con gli atelier della vecchia Berlino est.
Puoi ascoltare i Berliner, quelli veri, con 17 euro  o scaricare i loro concerti in podcast.
Il wi-fi è libero. Le cene al ristorante sono possibili; i dottorati di ricerca non sono già destinati prima che esca il bando e se presenti un progetto serio, c'è di sicuro chi è pronto a finanziarlo. Ometto un'altra cosa vera (e cioè che treni, metro, tram e bus sono sempre in orario e ben collegati tra loro) solo per non essere tacciata di qualunquismo.
Per ansia e qualità della vita, il paragone milanese regge solo nella zona più greve di Berlino Est. Ecco, nella claustrofobia dei palazzoni della Stasi mi sono sentita come ad Assago: c'era tutto, solo che niente era per me. Ero a casa.

(Nella foto in alto, volti di faraoni nell'Altes Museum di Berlino; in basso, l'ex  direzione centrale della Ministero della Sicurezza di Stato, oggi sede del Museo della Stasi)

giovedì 22 aprile 2010

CasoMai

Mai tanti casini in un giornale solo, titola il Post. Riprende la notizia del Fatto sugli arresti di Fabio e Giandomenico Caso, avventurieri dell'editoria di casa nostra. C'è voluta un'indagine della Guardia di Finanza, che coinvolge anche Alberto Donati, altro editore disinvolto, che al tavolo delle trattative per l'ultimo contratto dei giornalisti sedeva di fronte al sindacato, in rappresentanza di tutti gli editori italiani: un caso? Chissà.
Le accuse che hanno portato in carcere due degli editori del Clandestino sono queste: abusivismo bancario per oltre 200 milioni di euro, 9 milioni di euro di fatture false, 80 milioni di euro di fittizi aumenti di capitale sociale, bancarotta fraudolenta per Hopit Spa, Net.Tel. Spa, Editoriale Dieci Srl e Segem Spa, tentata truffa aggravata nei confronti della Regione Abruzzo per l’ottenimento illecito di fondi pubblici, falsità, calunnia aggravata e resistenza a pubblico ufficiale per il patron del gruppo Gian Gaetano Caso, suo figlio Fabio ed altri collaboratori e professionisti”.
Luigi e Ambrogio Crespi, partner dei Caso, per il Clandestino trasecolano, raccontano le cronache. Non è strano, lo fanno sempre quando all'improvviso le loro imprese, chissà perché e chissà come, implodono.
Casomai qualcuno se ne fosse dimenticato. Casomai.

lunedì 19 aprile 2010

Le ceneri di Gea

Rientro milanese con avventura. Le ceneri di Gea hanno scombussolato il viaggio. Non come ci si poteva aspettare dal racconto dei giornali. Per l'apocalisse si dovrà ancora attendere.

Andare in Calabria è sempre un'avventura. Islanda e calamità naturali a parte. Soprattutto se si sceglie l'aereo. Per Reggio Calabria ci vuole un pilota con un brevetto speciale; Lamezia Terme è servita meglio, ma si atterra nel deserto, persino per andare in città, ci vogliono bussola e borraccia e un gran senso dell'orientamento. L'aeroporto di Crotone Sant'Anna, infine, regala emozioni forti. Da Milano, 1.200 chilometri che valgono sì e no cento minuti di viaggio, s'impiegano in realtà fino a 13 ore. Il biglietto può costare 280 euro, il budget per una settimana a Sharm, in coppia
Ci sono due voli diretti, uno all'alba, l'altro alle 14 e 50 (chi può lasciare l'ufficio a quell'ora?). Esclusi questi, non resta che una sola possibilità: sbarcare a Roma e attendere il volo delle 20 e 55 che atterra a casa di Pitagora alle 22. L'orario d'arrivo è elastico: basta un nulla per far slittare la partenza.

L'Alitalia, monopolista della rotta, è sorpresa, perché i voli da Milano non si riempiono: che stranezza.

La nube di cenere ha dato alla Calabria una vertigine da super-efficienza: cieli bloccati, aeroporti in tilt in tutta Italia, ma il traffico aereo da Crotone, almeno fino a Roma, era regolare. Le statistiche sul buon funzionamento ne trarranno beneficio.

Per assicurare l'aeroporto di Sant'Anna al trasporto aereo civile ci sono voluti anni di battaglie, manifestazioni, proteste. Gli americani ne volevano fare una base per F16; la provincia di Crotone vinse rivendicando la sua vocazione turistica. L'aeroporto, tra l'altro è a un tiro di schioppo dall'area archeologica di Capo Colonna, con il tempio di Hera Lacinia. A guidare i cortei c'era Francesco Forgione, di Catanzaro, allora dirigente regionale Pci. Chissà se ha mai preso un aereo per Crotone.

La politica, di questi tempi, fa gli affari suoi invece che quelli di tutti. Ma ai calabresi, quelli più giovani, che studiano e lavorano fuori regione non interessa assicurarsi un viaggio normale per tornare a casa? A quelli che lavorano lì non interessa che la Calabria sia collegata al resto del mondo?

C'era Dorina Bianchi senatore Udc sul primo volo per Roma, domenica 18 aprile. In effetti, l'aereo è arrivato a Fiumicino in orario.
Poi per chi proseguiva il viaggio s'è fatto più complicato, ma l'unica che non ha colpa è davvero Gea.

martedì 13 aprile 2010

Il Pulitzer de noantri

 - Memorizzare questo nome: ProPublica.org, primo sito che vince il Pulitzer. Sotto la testata si legge "Journalism in the public interest" e cioè giornalismo per il pubblico interesse. Che è (dovrebbe essere) poi la missione di ogni giornalismo.
Considerazioni sparse
- Da noi non c'è il premio Pulitzer. Ci sono molte tristi imitazioni, quasi sempre con lo sponsor in bella evidenza.
- Da noi non ci sono siti come ProPublica, non ancora almeno. C'è qualche progetto interessante, qualche amo lanciato dallo stagno Rai verso il mare aperto e qualche tenero virgulto che chissà, magari diventa una pianta rigogliosa. Internet è ancora poco considerato: chi ha mezzi, non lo sa usare; chi lo sa usare, non ha mezzi.
- Da noi il freelance, il giornalista libero professionista come Sheri Fink che ha vinto il Pulitzer, è considerato un sottoprodotto giornalistico. Il darwinismo redazionale ha selezionato il contrattista-a-sfinimento come primo anello della catena evoluzionistica. Sempre più spesso l'evoluzione non c'è. Ma se non c'è una redazione di riferimento, si fatica a considerare un giornalista come professionista.
- Da noi è il creazionismo di redazione quello che ha più forza. Nasci giornalista se qualcuno - meglio un genitore - ti crea tale. Può aiutarti anche un partner, meglio se irregolare o una qualsiasi relazione di parentela o affiliazione con altro giornalista o, ancora meglio, con editore.
Vale lo jus sanguinis, insomma, come per la cittadinanza. E non esiste ascensore sociale che possa farti salire anche di un ammezzato.
- Il giornalismo in Italia è un mestiere che si fa per cooptazione. E' raro che un professionista sia scelto sulla base di quel che ha fatto; a volte è scelto per quel che non farà mai (tipo: tradire il suo superiore o nello slang di redazione: lasciare la squadra), a volte per quel che farà di sicuro (assicurare un canale preferenziale alla voce che lo sponsorizza).
- Ci sono giornali in Italia dove il nepotismo è così radicato, così sfacciato da far arrossire un papa Borgia o Farnese.
- Da noi non ci sono editori puri, cioè editori che siano quello e basta (se ne contano un paio: eccezioni a conferma della regola). Di solito gli editori hanno anche altri interessi che confliggono prima o poi con il giornalismo
- Da noi si distingue il giornalismo d'inchiesta come giornalismo-a-parte: se ne deduce che gli altri possono essere giornalismi marchettari, più accondiscendenti. Giornalismo d'inchiostro?
- Da noi, su 60 milioni di italiani, sono meno di sei milioni quelli che leggono, contando tutto, da Topolino alla Gazzetta dello Sport, alla Settimana enigmistica. Ma sono dati vecchi, la situazione è peggiorata solo che manca il quadro generale dall'ultimo censimento.
- Fu un sito a rivelare il caso Lewinsky, nel 1998. L'allora presidente Usa Bill Clinton rischiò l'impeachment. Fu comunque travolto dallo scandalo e pagò un prezzo politico molto alto. Da noi alcune intercettazioni telefoniche hanno rivelato molto di più. Al centro di numerosi scandali sono finiti, per casi diversi, un presidente del Consiglio, alcuni ministri, funzionari pubblici, banchieri, governatori della Banca d'Italia. Ora le intercettazioni rischiano di diventare fuori legge.

Conclusione
E' questione di cultura: da noi il Pulitzer possiamo scordarcelo

lunedì 12 aprile 2010

Il brodo con l'ombra dei campanili

Faceva strano ascoltare i discorsi della buona politica, sabato a Milano, nello spazio dove, di solito, s'impara a ballare il tango. E la cosa più stravagante era che funzionava. Come per il ritmo latino che ti aspetti un po' fuori dal tempo e poi ti sorprende. Nella sala rosa dell'Arcibellezza, circolo Arci du cotè de la Bocconì, convocati da Pippo Civati, si sono tenuti gli Stati generali del Pd che c'è, ma non si vede.
Civati è l'eterno giovane della sinistra in Lombardia: nasce quando Tony Blair entra nel Labour Party e nel '97, quando Blair diventa primo ministro a Londra, Civati entra in consiglio comunale a Monza. Giusto per dire che solo in Italia uno che ha 35 anni, al suo secondo mandato in Regione, è noiosamente giovane. Ci sono eccome i giovani in platea, nati digitali con tastiere sotto le unghie e cavi fissi nelle orecchie, ma anche quarantenni presi a twitterare un'Arci-diretta in 130 caratteri.
C'è un altro Civati di Varese che stacca il primo di 10 anni; i due non condividono neanche un briciolo di dna, hanno lo stesso sentire.
Microfoni aperti, discorsi chiari, persino un programma in tre punti. Voci dai territori di quanti lavorano sul campo, nelle minoranze schiacciate dalle Leghe o nel silenzio di governi che sono dalla loro, però senza esagerare.
Quando parlano si vede che sono abituati a farlo, che hanno il senso del comunicare. Si capisce anche che stanno ad ascoltare. E dicono cose di peso e di valore sia che raccontino la Toscana dei mille circoli in guerra tra loro, o il meticciato metropolitano, il precariato che stanca e fiacca anche l'economia, il discorso sul radicamento che provoca orticaria. Non si sono sentiti discorsi in politichese.
A rappresentare il partito, oltre a tutti quelli che ne fanno parte, s'intende, c'è Ivan Scalfarotto, il giovane che sfidò Prodi alle primarie dell'Unione nel 2005. Oggi è vicepresidente del Pd. La sua età in Italia si calcola da allora, forse perché prima ha vissuto a Londra, così risulta addirittura più giovane di Civati: un outsider visto l'incarico istituzionale.
Il ritmo del tango funziona, lento e appassionante. Si discute nel salone e nel bar di fianco, nel cortile dell'Arcibellezza, sulle scale, in Rete e oltre.
Oltre, appunto. Che è lo spazio da definire. Se tutti questi talenti sono in circolo nelle vene del Pd, a seminare gli enzimi della buona politica, come è possibile che qui si faccia ancora il brodo con l'ombra dei campanili?

Se la scelta è solo "difficile"

Se ne lamenta da 16 anni, ma negli ultimi due Silvio Berlusconi ha fatto del tormentone "il governo ha pochi poteri" un mantra personale, amplificato dal coro dei suoi attendenti.
Come è possibile che il Pd abbia ancora dubbi: perché è soltanto "difficile" pensare di fare riforme con chi ha questa concezione della democrazia e delle Istituzioni?

C'è ancora margine per una trattativa? Cosa deve succedere perché diventi "impossibile" sedersi a questo tavolo delle riforme?

sabato 3 aprile 2010

Gli abiti nuovi della democrazia

Quando ho iniziato, pensavo sarebbe finita nel giro di pochi mesi: una bella riforma e via, mi dicevo, spazzeranno in un soffio la Costituzione. A due anni di distanza, devo ammettere di aver sbagliato previsione. La demoliscono ogni giorno, con picconate continue, che registro di volta in volta.
Così il Libretto nero della democrazia da foglio di denuncia è diventato un dossier: 46 pagine fitte di dati, insulti, colpi di mano e qualche tentativo di opposizione. Non è possibile fare classifiche. Tutti gli attacchi sono pesanti. Rileggerli in fila, uno dietro l'altro fanno impressione.
Quando ne parlano, dicono che è per svecchiare la Carta, perché il Paese ha ormai 60 anni e deve farsi un vestito nuovo. Un abito fatto di stracci vecchi come il bavaglio all'informazione, l'elezione diretta del premier, un Parlamento esautorato e attacchi continui alla magistratura.

Il Libretto nero  lo trovate qui

giovedì 1 aprile 2010

I muscoli del capitano Mastella

Ci si impiega un sacco, ma a leggerli bene i dati elettorali sono meglio dei trattati di sociologia. Lady Mastella, candidata per l'Udeur a Napoli e Benevento ha ottenuto 4.479 voti nel capoluogo campano e 10.940 nella circoscrizione di casa sua. Secondo la mia calcolatrice, 15.419 preferenze.
Sandra (Alessandrina) Lonardo Mastella, coinvolta nell'inchiesta su presunte irregolarità nella gestione dell'Arpac, è sottoposta a divieto di dimora in Campania e nelle regioni limitrofe. Divieto che è stato sospeso per tre giorni soltanto, perché la moglie dell'ex ministro della Giustizia potesse esercitare il diritto di voto.
Alla festa di chiusura della sua campagna elettorale, a Benevento, per dire, non c'era.

Dedicato a tutti i candidati che hanno consumato le scarpe, consegnando santini ai mercati e bussando di porta in porta.