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giovedì 31 dicembre 2009
Ridere, ridere, ridere
Capodanno, par Antonia Pozzi
mercoledì 30 dicembre 2009
Ristretti orizzonti
martedì 29 dicembre 2009
The pink side of the moon
lunedì 28 dicembre 2009
Pacifisti italiani bloccati al Cairo: devono raggiungere Gaza
Un gruppo di 140 italiani è bloccato all'ambasciata italiana al Cairo. Era diretto al valico di Rafah per partecipare alla Gaza Freedom march. I poliziotti egiziani hanno sequestrato gli autobus che avrebbero dovuto portare i manifestanti a El Arish e da qui poi a Gaza. Ci sono stati momenti di tensione, tafferugli. Ma ora sembra tutto tornato alla normalità, anche se i pacifisti sono ancora al Cairo e contano sulla mediazione dell'ambasciatore italiano per poter ripartire.
Un mio amico è lì, e mi ha mandato un sms. E' preoccupato. Mi avverte: "Brutta situazione, siamo bloccati in ambasciata. Altri 1300 sono all'Onu"
La Freedom march è organizzata dall'associazione statunitense Code Pink. I pullman erano già stati pagati; ma i poliziotti li hanno bloccati prima che arrivassero all'albergo dove alloggiava il gruppo di italiani atterrato ieri al Cairo.
Oltre ai manifestanti italiani bloccati al Cairo ci sono altre 1300 persone che fanno parte della delegazione internazionale diretta a Gaza. La tensione è salita, stamattina, quando, resisi conto del blocco, i manifestanti hanno tentato di prendere i taxi ma i poliziotti hanno requisito anche quelli. E' stato a quel punto che gli italiani si sono diretti all'ambasciata, altri invece sono andati alla sede dell'Onu al Cairo.
domenica 27 dicembre 2009
La lista
Tutti dicono I love you (da Pippo)
sabato 26 dicembre 2009
Accendere le spie
venerdì 25 dicembre 2009
Global warming, buon Natale
Dimenticavo: c'è anche l'ipotesi di qualificare film d'interesse culturale "Natale a Beverly Hills" (ma solo per poter dire che anche la cultura guadagna al botteghino...).
(Foto scattata da me, a Milano, il 22 dicembre)
martedì 22 dicembre 2009
domenica 20 dicembre 2009
Natale (strettamente privato)
sabato 19 dicembre 2009
Ultimo mondo cannibale
giovedì 17 dicembre 2009
More than (green) words
E se stampassero così anche i giornali? A me peserebbe di meno l'unica soddisfazione che mi danno: gettarli nel cestino.
martedì 15 dicembre 2009
Giù la maschera
La maschera tragica di quel leader politico colpito da un pazzo a me non ha fatto questa impressione. Quel volto è solo una rappresentazione. Me ne sono accorta guardando e riguardando le riprese di quella scena. Fissando – senza capire – la foto sgranata di lui, oltre il finestrino dell’auto (il rosso del sangue solo attorno alle labbra?) mi sono ricordata della prima apparizione, della pelle di pesca creata col trucco della calza sulla telecamera.
Chi è caduto nella trappola?
sabato 5 dicembre 2009
domenica 29 novembre 2009
Questo non è un paese per vecchi (cerebralmente vecchi)
(Foto: L'albero di zia Rita, Olga Piscitelli)
venerdì 20 novembre 2009
Giornalisti per Caso
Caro Giovanni, cari colleghi
(...)
Vorrei segnalare un articolo pubblicato sul web e diffuso al punto che ne ho ricevute una decina di copie via mail.
Parla della nuova avventura editoriale di Fabio Caso e dei fratelli Luigi e Ambrogio Crespi. Il Clandestino è il titolo della testata; direttore responsabile David Parenzo, vicedirettore Pierluigi Diaco.
Non conosco la collega che ha firmato il pezzo, constato che una ricostruzione così puntuale omette qualsiasi particolare sul passato dei protagonisti, anche quando l’intervistato ne fa cenno.
Di seguito comunque trovate l’articolo.
Vi ricordo per sommi e sommari capi che il signor Caso nel 2007 ha licenziato in tronco 35 colleghi che lavoravano a Dieci, testata di sua proprietà, perché avevano scioperato. Lo sciopero era stato indetto perché non arrivavano più gli stipendi.
Nel 2001, i Caso avevano chiuso anche una testata free press a Roma, Il Globo, con identiche modalità e in precedenza anche un call center in Sardegna.
Nel 2003, dopo aver contattato i Crespi, Fabio Caso mostrò interesse per ilNuovo.it, testata on line acquistata dalla Holding della Comunicazione di Crespi per il prezzo simbolico di un euro, a fronte di un patrimonio di 40 giornalisti, due redazioni, tre anni di attività e archivi e soprattutto un tesoretto di 3 milioni di euro (le liquidazioni dei giornalisti) ceduti a titolo di dote dai precedenti proprietari, Francesco Micheli e Silvio Scaglia. Il tutto è al centro di un processo per bancarotta che vede i Crespi (tutti: mogli incluse) sul banco degli imputati.
La trattativa con i Caso per ilNuovo.it non partì neppure, Guido Besana e tu Giovanni lo ricordate bene. Fu semplice andare a Roma, quella volta, e con una ricerca d’archivio trovare i precedenti – già ai tempi numerosi – dei Caso.
Di recente, i Caso sono tornati alla ribalta con la pretesa di acquistare l’Unità, quando dopo il passaggio a Renato Soru, l’ex patron di Tiscali disse che era in difficoltà.
Nell’articolo di Anna Martina Leogrande che vi trasmetto ci sono riferimenti alla vicenda Hdc che non concordano con le ricostruzioni che i magistrati hanno fatto per il processo. Ho provveduto a mandare l’articolo al pubblico ministero Laura Pedio, ma vi ricordo che il nostro sindacato è coinvolto come parte lesa nel processo sul fallimento di Hdc. E’ stata l’Inpgi ad anticipare parte delle liquidazioni per i colleghi del Nuovo.it, inoltre, in qualità di ex cdr del giornale sono testimone contro i Crespi in tutti i procedimenti civili e penali in corso a Milano. Invierò a magistrati e avvocati anche questa mia lettera.
Non devo ricordare a nessuno le prodezze di Luigi Crespi, finito di recente anche nei dossier del caso Marrazzo e sui giornali per aver diffuso a un gruppo di parlamentari del centrodestra sms con la notizia che “circola un video di Marrazzo che va con i trans”.
Sono sicura che, con i consigli di tutti, questa assemblea saprà trovare i modi per evitare quella che Gianni Mura in un breve ma straordinario articolo sulla vicenda del Dieci (La Repubblica, 11 settembre 2007) definì “la tolleranza mille”, per evitare di ritrovarsi ancora una volta a rimborsare ai giornalisti stipendi che gli imprenditori non hanno versato, o peggio a coprirne le spese legali.
Credo che il sindacato abbia la responsabilità di mettere in guardia i colleghi meno attenti e quanti nel deserto occupazionale di oggi tendono a fidarsi per un lavoro, purché sia. E credo anche che questo sindacato debba tutelare se stesso, perché un occhio chiuso oggi non diventi la concausa di un sindacato in meno domani.
*****
INTERVISTA ad Ambrogio Crespi di Anna Martina Leogrande - "Quando Fabio Caso mi ha raccontato della sua intenzione di fare del Clandestinoweb un quotidiano cartaceo - racconta Ambrogio Crespi, oggi direttore editoriale del futuro "Il Clandestino" - pensai fosse matto". Ma la follia in fondo piace a tutti. Anche ai Crespi. Che, perciò, hanno accettato la sfida. "Siamo artefici del primo progetto che compie il percorso inverso: da Internet al cartaceo - racconta Crespi - e che si propone di essere un autentico quotidiano di opinione come non ne esistono sul mercato".
Il periodo pare non aiuti. Ovunque si assiste al calo delle vendite nei prodotti editoriali. Il che sembra un controsenso. Ma sembra e basta. Perché "in realtà - continua Ambrogio Crespi - abbiamo l'opportunità di poter riempire quegli spazi che sono liberi in edicola". E se ancora non bastasse, c'è anche un pizzico di esoterismo. Perchè "Il Clandestino" sbarcherà in edicola il 24 novembre, che per i Crespi è una data storica.
"Fu proprio in quel giorno del 2003 che si decretò la fine dell'HDC (la holding della comunicazione che comprendeva circa 40 società, inclusa Datamedia, colosso dei sondaggi, ndr) per cui la sfida si raddoppia. Ma sono sicuro che ci porterà fortuna".
A questo punto la curiosità impazza. Come sarà il nuovo quotidiano? La provocazione partirà dalla grafica, su indicazione dell'editore. Un formato tabloid a quattro colonne, "perché - spiega Ambrogio Crespi - la lettura è orizzontale e colonne più larghe aiutano a leggere meglio".
La formula grafica ricorda molto The Independent, con grandi foto a colori in prima e all'interno. Due fogli, otto pagine, e finanziamenti pubblicitari considerevoli. Tra gli argomenti, ci sarà anche il gossip, quello politico. "Toccheremo tutte le età - sostiene Ambrogio Crespi - anche e soprattutto i giovani. Affronteremo qualsiasi argomento con grande coraggio".
mercoledì 18 novembre 2009
La liberté de plume est indissociable de l'idée même de démocratie
De Voltaire et Hugo à Camus et Sartre, en passant par Zola et Mauriac, la France et ses libertés savent ce qu'elles doivent au libre exercice de leur droit de regard et de leur devoir d'alerte face à l'opacité, aux mensonges et aux impostures des pouvoirs. Et l'Europe démocratique, depuis qu'elle se construit, n'a eu de cesse de conforter cette liberté des écrivains contre tous les abus de pouvoir et les raisons d'Etat.
L'appello è firmato, tra gli altri, da Claudio Magris, Orhan Pamuk, Philip Roth, José Saramago, Mario Soares, Philippe Sollers, Costa-Gavras, Andrea Camilleri, Theo Angelopoulos e Valerio Adami.
"In Italia la libertà degli scrittori contro tutti gli abusi di potere e le ragioni di Stato è messa in pericolo dall'attacco smisurato contro Antonio Tabucchi, al quale il presidente del Senato domanda per vie legali una somma esorbitante (un milione 250mila euro) per un articolo su L'Unità, giornale che tuttavia non è perseguito", si può continuare a leggere. "Il crimine di Tabucchi? Aver interpellato Schifani, personaggio centrale del potere berlusconiano, sul suo passato, le sue relazioni d'affari, le sue dubbie frequentazioni. Per la scelta dell'obiettivo - uno scrittore che non ha rinunciato ad esercitare la sua libertà - e per la cifra, astronomica per una vicenda di stampa, lo scopo ricercato è quello di intimidire la coscienza critica e far tacere il più gran numero di persone".
lunedì 2 novembre 2009
I freni della democrazia
sabato 31 ottobre 2009
"Ora luce sul caso Cucchi. In dieci mesi, 16 morti per cause da accertare"
In 10 anni, secondo i dati raccolti dal di dentro, nelle carceri italiane sono morti più di 1.500 detenuti, oltre un terzo dei quali per suicidio: i suicidi sono stati, in questo stesso arco di tempo, 543 su 1.529 morti in totale.
Come un diapason ipersensibile, il carcere registra ogni cambiamento. "Oggi a fronte di 20 mila detenuti in più nelle carceri italiane - spiega Morelli - ci sono 5 mila agenti di meno. Il sovraffollamento aumenta non solo la percentuale dei morti, ma anche il tasso di mortalità. Soffrono in primo luogo i detenuti, ma soffre anche la polizia penitenziaria, che nell’ultimo mese ha pagato con tre suicidi lo stress di un lavoro sempre poco riconosciuto. E se gli agenti stanno male, costretti come sono a fare turni di 12 ore, soffrono di conseguenza anche i detenuti. Sia chiaro, non c'è giustificazione possibile, è solo una correlazione che si registra con chiarezza".
Da gennaio al 30 ottobre negli istituti di pena italiani sono morti 146 detenuti, di cui 59 per suicidio. I suicidi riguardano prevalentemente i detenuti che hanno meno di 25 anni, "perché in carcere ci vanno i giovani, principalmente": i 10 "morti di carcere" più giovani del 2009 sono tutti suicidi; due di loro avevano solo 19 anni. Le morti per "cause da accertare" sono 16, 14 quelle per "malattia".
I dati complessivi del 2009 denunciano un aumento di 20 suicidi rispetto ai primi 10 mesi del 2008, mentre il totale delle morti "di carcere" hanno già superato il totale dello scorso anno: 146 contro 142.
"Le inchieste vengono avviate, ma poi finiscono in tempi lunghissimi. In media - dice ancora Morelli - ogni anno, nelle carceri italiane, muoiono 150 detenuti, di cui circa un terzo per suicidio e gli altri due terzi per “cause naturali” non meglio specificate. Gli omicidi registrati sono 1 o 2 l’anno. Con il nostro dossier cerchiamo di dare una lettura diversa a queste morti, distinguendo quelle causate da “malattia” da quelle per overdose (di droghe, di farmaci, di gas butano), ma anche segnalando i casi nei quali vengono aperte inchieste giudiziarie per l’accertamento delle cause di morte: sono le “cause da accertare”, che a volte rimangono tali finché cadono nel dimenticatoio. Sulla morte di Marcello Lonzi, per esempio, avvenuta nel 2003 nel carcere di Livorno, ancora non c’è una verità accertata".
A tutto si aggiunge il riverbero in negativo della crisi economica. "Mancano soldi per tutto, anche per la carta igienica. Dal 2005 ad oggi il sistema carcerario ha subito tagli in totale per un 50 per cento. Questo vuol dire che ora ogni istituto di pena dispone di poco più della metà dei soldi che aveva quattro anni fa".
mercoledì 14 ottobre 2009
Paura, guardia o ladro che tu sia
«Come diceva Bertold Brecht? È un crimine più grande fondare una banca o rapinarla? Bene, io a quella domanda come tutti sanno ho dato una risposta. Ma guardandomi intorno oggi, sai cosa mi colpisce? Che quarant´anni fa, Milano era più cupa, più sporca. Ma ad avere paura era solo chi aveva il grano. Le porte delle case restavano aperte. Gli operai che tiravano la lima alla Marelli lasciavano i ragazzini alla vicina o in cortile. Oggi chi ha il grano paura non ne ha più. La paura è dei disgraziati. Paura di essere scippati, violentati, accoltellati. E sai cosa trovo ancora più incredibile? Che a dire «al lupo, al lupo», però, sono rimasti sempre quelli che hanno il grano. Oggi uno che fa una rapina prende quindici anni. Chi manda sul lastrico qualche decina di migliaia di famiglie succhiandosi i loro risparmi, va bene se fa un mese ai domiciliari. Il senso della comunità è andato a farsi fottere. E se non c´è comunità, non c´è mito. Guardia o ladro che tu sia».
Renato Vallanzasca, nell’intervista a Carlo Bonini pubblicata su Repubblica (14 ottobre 2009)
Foto scattata a Ferrara, Palazzo dei diamanti
giovedì 17 settembre 2009
Liberi dalla stampa
Che imbarazzo. Ero convinta fosse il mio giorno fortunato, sono entrata in una libreria del centro, a Milano, che vende libri nuovi e usati. Cercavo un romanzo appena uscito, ma ero pronta a incontrare una storia di qualche mese fa, appena passata di mano. I libri già letti o non letti da qualcuno e per questo abbandonati mi piacciono: dentro, trovi più vite. Le impronte sulla copertina fanno già storia, i segni tra le pagine di più.
giovedì 3 settembre 2009
Per Di(n)o
Dino Boffo, il direttore di Avvenire si è dimesso. L'inqualificabile attacco cui è stato sottoposto dal Giornale della famiglia del Cavaliere ha "violentato con volontà dissacratoria la mia vita", scrive Boffo. Le dimissioni sono state accolte dal cardinal Angelo Bagnasco. Hanno vinto lo squadrismo, l'omofobia, il moralismo superstizioso e becero di cui il Giornale si è fatto portavoce.
E' passato il principio che Boffo, che secondo il Giornale (e secondo un documento falso) ha patteggiato una condanna per molestie, non poteva alzare il dito contro il comportamento di Silvio Berlusconi e delle sue escort.
Feltri ha rigirato quel dito contro Boffo, con tutta la violenza possibile, così ha distratto i lettori. Tentava di nascondere la luna?
Il problema è questo: il presidente del Consiglio è sospettato di aver ricompensato le sue pulzelle con candidature a seggi elettorali. Non ha mai voluto chiarire la vicenda. Non risponde alle domande dei giornalisti che chiama "domandatori"; non risponde al Parlamento; non risponde che a se stesso.
Sotto le lenzuola ciascuno è libero di fare le capriole che vuole. A meno che non sia un uomo pubblico, ricattato proprio per quelle capriole.
domenica 30 agosto 2009
Lavorare sbanca
Si può anche vincere un posto di lavoro al supermercato. Per i suoi 30 anni una catena di grande distribuzione che ha sede a Varese, Legaland, mette in palio 10 posti di lavoro. Può vincerli chi fa almeno 30 euro di spesa (solo così si può compilare il coupon della fortuna), abbia compiuto 18 anni e sia residente in Italia. "Un modo originale e attento al territorio per festeggiare i primi trent'anni di attività", riportano le cronache cittadine del 29 agosto.
Nel Paese che confonde merito con meritocrazia, che blatera a vanvera sulla crisi, nemmeno un accenno alla professionalità. Importa a qualcuno sapere cosa sai fare e come lo fai? Un lavoro si vince o si gratta ("grattare" a Varese significa rubare). Sono 700 mila i tagliandi che saranno distribuiti fino al 30 settembre. Non è marketing, è proprio cultura, specchio di un mondo che sa pensare solo ai danèe.
mercoledì 26 agosto 2009
Senza Canottiera (veramente accaduto in Calabria)
Parcheggi l'utilitaria nella viuzza stretta di un paesino che ai nomi di personaggi della storia preferisce quello di mitili. Ma se via delle vongole non è completamente sgombra, il suv del vicino non passa. E così, appoggiati i bagagli, la crema solare ancora da spalmare, ti ritrovi a rispondere al citofono. E' l'Uomo in Canottiera che sbraita e aggredisce te, l'auto, il Nord d'Italia che arriva "a smaledire le strade nostre". Che se non fai subito, "poi l'auto si può rovinare e io nun n'di voddju sapire nente". (trad. "Non ne voglio saper niente").
Non è che non esistano le strade, nel paese dei mitili. Cozzaville è abusivo, attaccato come una patella sullo scoglio dove i greci hanno sacrificato a Hera; ci sono più case che abitanti. Le vie sono passaggi tra un portone e l'altro, tanto che oltre ai mitili hanno scomodato invertebrati, mammiferi, vegetali, purché marini. In via delle vongole le auto non sono in terza o quarta fila solo perché non ci sono le file. Un groviglio di lamiere blocca l'ingresso del garage, la strada, l'unico comodo passaggio verso la spiaggia. Bloccano anche l'ambulanza, una domenica mattina.
Il mare è tutto, nel paese dei mitili. Persino le fognature che sono in maggior parte improvvisate, si colorano sulla cartina solo quando si rompono e oplà, riversano oltre la spiaggia i liquami. E' il mare che dà senso a Cozzaville.
Il turismo è un prurito che colpisce una volta l'anno. Dura poco, è fastidioso. L'acqua dei rubinetti, fino a qualche anno fa, d'improvviso tra luglio e agosto svaporava. Il maniglione dell'acquedotto, tutti gli anni a settembre si scopriva chiuso. Ma un Uomo in Canottiera, provvidenziale, aveva intanto distribuito ettolitri di freschezza da un'autobotte. Prezzi da concordare, come al suk, anche se in regime di monopolio la trattativa era semplice e breve.
"Un'auto non si può rovinare da sola", dico, tanto per dire una cosa di senso. Non sarà mica una minaccia? L'Uomo in Canottiera è più basso di me, molto più grasso e anziano. Incute timore, si esprime in dialetto, fa intendere anche quel che non dice.
"Devi lavorare sul tema dell'autorità", mi consiglia un'amica-guru.
Sorrido e cerco un riparo per l'auto che - a pagare tutte le rate - sarà di famiglia nel 2011.
C'è un Uomo in Canottiera che dirige un camping con parcheggio. Presentata dalla nipote, mia vicina d'ombrellone, ottengo udienza. Non è da tutti farsi ricevere nel campeggio che rifiutò di ospitare una coppia con canadese. "Chissu è nu campeggiu seriu". (trad. "Questo è un campeggio serio")
"Pi vui fazzu n'eccezzjone. V'avissa fari pagari n'ottina d'euro u jornu, facimu sei" (Trad. "Per voi faccio eccezione. Dovrei farvi pagare 8 euro al giorno, ve ne chiedo 6"). E' fatta: un ripiego costoso per chi ha un garage, ma pazienza. Gli orari sono quelli del camping, dalle 8 a mezzanotte. Poi capita che torni alle 23 e 30 da una cena con amici e trovi il cancello chiuso: pazienza. Succede anche che devi prendere la macchina alle 8, ma è vietato: "Ca dorma u picciuliddu" (trad. "Perché dorme il bambino", nipotino dell'Uomo in Canottiera che dirige il campeggio). Pazienza? Ma allora perché pago? Sì, lo so: per l'Uomo in Canottiera, il primo che ho incontrato a Cozzaville.
Nel paese delle vongole un favore è un ex diritto che diventa concessione. E le vongole che fanno? Ringraziano.
giovedì 16 luglio 2009
Nell'inferno dei vegetariani
Se dici che sei vegetariano la vita più sembrare più semplice. Il mondo davanti a te diventa più chiaro; l’umanità sembra entrare tutta in cassetti preordinati: quelli che tentano di convertirti, quelli che ti ammirano, quelli che imbrogliando nascondono cotiche tra innocenti fagioli, quelli che “ma nemmeno il prosciutto?”. E’ solo la prima illusione, il gioco di un tetris che piano piano si disfa davanti a certezze granitiche come il ragù, cotolette-totem e pesci venerati come divinità pagane.
In questi 15 anni di vegetarianesimo convinto (nor fish, nor meat, che detto in italiano suona come un insulto) le cose sono molto cambiate, la soglia del paradiso resta lontana. La maggior parte dei bar continua a servire panini mozzarella e pomodoro come unica scelta, l’insalata è il piatto più caldeggiato dai ristoranti, lo strutto anche a Milano è sempre in agguato. E se sui treni trovi qualche anima gentile che si offre di togliere i gamberetti dal tramezzino, sugli aerei, o prenoti il menù, o muori di fame. L’altro veggie sul volo è incattivito da anni di guerra all’ultimo boccone e non cede nemmeno il tovagliolo.
Messe così le cose, è facile associare la scelta a un certo francescanesimo: privazioni, rinunce, tristezza e in ultima analisi, fame. Non si dimagrisce, questa è la differenza. Perché alla fine, in Italia, se sei vegetariano, ti ammazzi di carboidrati. Pane, pasta, pizza e dolci (nella foto, la panna cotta di Enzo Neri) sono un rifugio sicuro, anche psicologicamente. Un sedativo per placare la fame. Se ci metti anche il cioccolato puoi raggiungere lo sballo da auto-endorfine.
Impari a distinguere le regioni amiche da quelle ostili. In Liguria c’è cultura vegetariana fin nelle radici del basilico che serve per il pesto. Ti illudi che la luna di miele possa continuare anche in Toscana e scopri che dopo le pietre di Luni sei uno zombie: bistecche ovunque, proteine animali anche nel gelato. Grondano sangue l’Umbria, le Marche, il Lazio. Poi, verso sud, ti aiutano i formaggi, se li mangi, e le tradizioni contadine, in parte, ma ti devi augurare che i contadini siano stati molto, molto poveri e gli invasori non abbiano lasciato un gran segno.
In Sicilia, in cima a un cous-cous che sembrava l’Etna fumante può capitare di trovare un occhio di bue, non l’uovo, proprio il bulbo oculare. Certo, devi essere l’ospite d’onore, ma può capitare. Ultimamente le cose sono cambiate. La vita dei vegetariani è diventata un po’ meno avventurosa, ma non ancora sedentaria. Non puoi distrarti. La lettura della lista degli ingredienti è pratica obbligata. Non è questione di essere talebani del cibo, solo di rispetto per una scelta che non dovrebbe condizionare gli altri. Invece capita ancora di essere un fastidio aggiuntivo per le amiche che ti invitano al matrimonio e poi devono pensare al menù a parte per te. Nel resto del mondo, se ne occupa lo chef, non la sposa. Pochissimi i ristoranti vegetariani, concentrati per lo più nelle grandi città o su cucuzzoli irraggiungibili. Qualche insegna del buon gusto ha aperto finestre veggie, ma non fidatevi: c’è ancora chi vi lancia l’insalata sul piatto con lo sguardo che dice “Toh, bruca, vecchia capra”
giovedì 19 febbraio 2009
Che senso ha un blog?
Non scrivo diari da quando, avevo 11 anni, affidai la copertina del primo libro privato a mio padre. Avevo il senso dell'editing e dell'autorità. Disegnò per me un'oca, un'oca stilizzata e piuttosto brutta. Con questa didascalia: "Mai così nella vita, papà".