martedì 13 aprile 2010

Il Pulitzer de noantri

 - Memorizzare questo nome: ProPublica.org, primo sito che vince il Pulitzer. Sotto la testata si legge "Journalism in the public interest" e cioè giornalismo per il pubblico interesse. Che è (dovrebbe essere) poi la missione di ogni giornalismo.
Considerazioni sparse
- Da noi non c'è il premio Pulitzer. Ci sono molte tristi imitazioni, quasi sempre con lo sponsor in bella evidenza.
- Da noi non ci sono siti come ProPublica, non ancora almeno. C'è qualche progetto interessante, qualche amo lanciato dallo stagno Rai verso il mare aperto e qualche tenero virgulto che chissà, magari diventa una pianta rigogliosa. Internet è ancora poco considerato: chi ha mezzi, non lo sa usare; chi lo sa usare, non ha mezzi.
- Da noi il freelance, il giornalista libero professionista come Sheri Fink che ha vinto il Pulitzer, è considerato un sottoprodotto giornalistico. Il darwinismo redazionale ha selezionato il contrattista-a-sfinimento come primo anello della catena evoluzionistica. Sempre più spesso l'evoluzione non c'è. Ma se non c'è una redazione di riferimento, si fatica a considerare un giornalista come professionista.
- Da noi è il creazionismo di redazione quello che ha più forza. Nasci giornalista se qualcuno - meglio un genitore - ti crea tale. Può aiutarti anche un partner, meglio se irregolare o una qualsiasi relazione di parentela o affiliazione con altro giornalista o, ancora meglio, con editore.
Vale lo jus sanguinis, insomma, come per la cittadinanza. E non esiste ascensore sociale che possa farti salire anche di un ammezzato.
- Il giornalismo in Italia è un mestiere che si fa per cooptazione. E' raro che un professionista sia scelto sulla base di quel che ha fatto; a volte è scelto per quel che non farà mai (tipo: tradire il suo superiore o nello slang di redazione: lasciare la squadra), a volte per quel che farà di sicuro (assicurare un canale preferenziale alla voce che lo sponsorizza).
- Ci sono giornali in Italia dove il nepotismo è così radicato, così sfacciato da far arrossire un papa Borgia o Farnese.
- Da noi non ci sono editori puri, cioè editori che siano quello e basta (se ne contano un paio: eccezioni a conferma della regola). Di solito gli editori hanno anche altri interessi che confliggono prima o poi con il giornalismo
- Da noi si distingue il giornalismo d'inchiesta come giornalismo-a-parte: se ne deduce che gli altri possono essere giornalismi marchettari, più accondiscendenti. Giornalismo d'inchiostro?
- Da noi, su 60 milioni di italiani, sono meno di sei milioni quelli che leggono, contando tutto, da Topolino alla Gazzetta dello Sport, alla Settimana enigmistica. Ma sono dati vecchi, la situazione è peggiorata solo che manca il quadro generale dall'ultimo censimento.
- Fu un sito a rivelare il caso Lewinsky, nel 1998. L'allora presidente Usa Bill Clinton rischiò l'impeachment. Fu comunque travolto dallo scandalo e pagò un prezzo politico molto alto. Da noi alcune intercettazioni telefoniche hanno rivelato molto di più. Al centro di numerosi scandali sono finiti, per casi diversi, un presidente del Consiglio, alcuni ministri, funzionari pubblici, banchieri, governatori della Banca d'Italia. Ora le intercettazioni rischiano di diventare fuori legge.

Conclusione
E' questione di cultura: da noi il Pulitzer possiamo scordarcelo

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