Strana atmosfera a Berlino, nei giorni scorsi. Città aperta, sogni possibili, idee, suggestioni, storia e storie.
La sbornia dura un attimo, il tempo di capire che a casa c'è qualcuno che imbroglia. Trovi case in affitto a 250 euro, trovi lavoro e se fai il turista ceni al ristorante senza fare un mutuo.
Il nuovo non è solo quello della ricostruzione dopo la caduta del muro. I grandi architetti hanno ridisegnato il volto della Berlino del 2000. Ma i giovani talenti trovano spazi, comunque.
Arte e design non sono sciocchezze: le testimonianze sono ovunque al punto che il Salone sembra un tinello se lo confronti con gli atelier della vecchia Berlino est.
Puoi ascoltare i Berliner, quelli veri, con 17 euro o scaricare i loro concerti in podcast.
Il wi-fi è libero. Le cene al ristorante sono possibili; i dottorati di ricerca non sono già destinati prima che esca il bando e se presenti un progetto serio, c'è di sicuro chi è pronto a finanziarlo. Ometto un'altra cosa vera (e cioè che treni, metro, tram e bus sono sempre in orario e ben collegati tra loro) solo per non essere tacciata di qualunquismo.
Per ansia e qualità della vita, il paragone milanese regge solo nella zona più greve di Berlino Est. Ecco, nella claustrofobia dei palazzoni della Stasi mi sono sentita come ad Assago: c'era tutto, solo che niente era per me. Ero a casa.
(Nella foto in alto, volti di faraoni nell'Altes Museum di Berlino; in basso, l'ex direzione centrale della Ministero della Sicurezza di Stato, oggi sede del Museo della Stasi)
Nessun commento:
Posta un commento