Non perdersi d'animo, diceva la nonna. E voleva dire non scoraggiarsi, perché animus, al maschile significa coraggio, al femminile anima: il latino è così, lingua di maschi guerrieri.
In Italia c'è un milione e mezzo di cittadini - tanti ne conta l'Istat - che sarebbe pure "disposto a lavorare", ma "non cerca un impiego convinto di non riuscire a trovarlo". Li chiamano "scoraggiati" e fanno massa con i 2,1 milioni di disoccupati ufficiali (quelli cioè che hanno cercato attivamente un'occupazione nelle quattro settimane precedenti l'intervista e sono pronti a lavorare entro le due settimane successive: questa è tecnicamente la definizione europea di disoccupato).
Gli appassionati di statistica e numeri possono leggere più in giù, tra le righe del comunicato stampa dell'Istat. Quel che fa male è che due terzi degli scoraggiati sono donne, impegnate in un far niente che sfido a definire dolce. L'Italia perde risorse. E lo sapevamo. Le donne perdono vita, perché il tempo corre. Perdiamo tutti schiene dritte, perché in queste rinunce si legge scoramento (che è peggio che essere scoraggiati e basta) e sindrome da risposte sempre uguali.
A completamento dell'indagine Istat, chiedo a chi ha un lavoro di guardarsi intorno e cominciare a passare i colleghi uno a uno: quanti di loro sono stati assunti per via di curriculum o di concorso, insomma secondo un minimo di gara vera, leale? Può essere utile, per capire l'apatia fotografata dall'Istat, per apprezzare il proprio ambiente di lavoro, anche, e molto altro.
Nel complesso coloro che si percepiscono "in cerca di occupazione" sono quasi 4,4 milioni (4.397.000) anche se sono solo meno della metà coloro che cercano attivamente lavoro e sono disponibili a cominciarlo entro due settimane e quindi sono formalmente disoccupati. Nella tabella sulla popolazione di 15 anni e oltre, infatti, alla domanda sulla propria "condizione" 22,4 milioni risultano occupati, 4,4 in cerca di occupazione mentre poco più di otto milioni sono casalinghe/i e 4,3 milioni studenti. I ritirati dal lavoro risultano 10,8 milioni mentre 1,5 milioni si dicono "in altra condizione". Gli scoraggiati sono aumentati del 10,6% rispetto alla media 2009 risiedono prevalentemente al Sud (1.080.000, oltre due terzi del totale) e sono soprattutto donne (i due terzi del totale con 1.015.000 persone).
Le donne scoraggiate nel Mezzogiorno sono 698.000 a fronte di appena 199.000 donne del Nord che dichiarano di non cercare lavoro perché ritengono di non riuscire a trovarlo. Gli uomini al Nord scoraggiati sulla possibilità di trovare lavoro sono solo 67.000 (40.000 dei quali con oltre 45 anni) mentre nel Mezzogiorno sono 382.000 (489.000 in Italia nel complesso). C'è una fascia consistente di scoraggiati anche nella classe di età tradizionalmente più attiva (389.000 tra i 35 e i 44 anni ma 294.000 di questi sono donne) e in quella tra i 45 e i 54 anni (397.000, 303.000 dei quali donne). Tra coloro che lavorano (22.872.000 in media nell'anno) i dipendenti sono 17.110.000 e tra questi gli operai sono ancora di più degli impiegati (7.997.000 a fronte di 7.303.000 impiegati, 1.174.000 quadri e 428.000 dirigenti). Gli apprendisti sono 201.000. Gli operai dell'industria sono 3,5 milioni (2,5 milioni dei quali nell'industria in senso stretto escluse quindi le costruzioni) mentre coloro che hanno la qualifica di operaio nei servizi sono quasi 4,1 milioni. E se il tasso di occupazione complessivo in Italia nel 2010 era al 56,9% rimane alto il divario tra Nord e Sud con Bolzano che risulta la provincia con la percentuale più alta di occupati (il 71,1%) e Crotone l'ultima in classifica (con il 36,9% di occupati nella fascia considerata) seguita da Napoli (il 37%) e Caserta (il 37,8%).
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