D'accordo, Marzullo è una icona, il prototipo di un certo giornalismo, ma qui si entra nel campo della matematica e della logica: c'è vita intelligente sul pianeta, non c'è la stessa intelligenza in tv. Una cosa e la sua negazione sono come le due rette parallele di Euclide, si possono incontrare solo in un punto che sta all'infinito, un punto improprio, dicono gli esperti. Improprio come questa puntata di Sottovoce, programma della Rai.
La prova? È qui, in questa intervista marzulliana a Michela Murgia, scrittrice, autrice di un libro bello come Accabadora (nella foto, l'immagine di copertina), che ha vinto molti premi, l'ultimo è il Campiello.
Marzullo fa domande (intervistare è un verbo che comporta qualcosa di più, per esempio, avere curiosità, farsi domande, prima di farle ad altri. Infatti Marzullo dice: fatevi una domanda e datevi una risposta); Murgia risponde, e ogni volta che parla dice cose che toccano i sensi, racconta la sua storia che poi diventa la storia degli altri, di chi guarda, di chi ha letto i suoi libri. Frantuma luoghi comuni, distrugge perbenismi, ribalta i punti di vista. E costringe la figurina al piano a strimpellare Cassonetto differenziato di Elio e le storie tese, anticlassico per eccellenza in un salotto dove di solito l'eversione è rappresentata al massimo dai Beatles.
L'altro, l'intervistatore, ne esce a pezzi, a striscioline sottili come le zucchine fatte a fette dal fratello chef della scrittrice.
Poi arriva la parte più critica: l'angolino delle foto. Qui, l'intervistatore pretenderebbe di mettere a nudo l'intervistato, Michela Murgia porta solo primi-piani, e persino particolari di primi piani già mostrati. Nulla di quello che racconta è in quegli scatti. Del resto, nulla di quello che dice Marzullo è nei libri della Murgia, bastava leggerli.
Per me questa è un'intervista che dovrebbero far studiare nelle scuole di giornalismo, ma al contrario. Perfetta solo nella parte dell'intervistato.
(ecco l'intervista)
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