Un autorevole critico musicale (Alfredo Gasponi) riporta nel suo articolo il giudizio di uno dei direttori d'orchestra più famosi (Wolfang Sawallisch). Sta provando a Roma musiche poco conosciute con un'orchestra che soffre di precarismo (la Santa Cecilia). E se ne lamenta.
Il titolista esagera: "Non sanno suonare". Partono querele. Era il '96. Calcolati i tempi della giustizia, si arriva al 2002 per il primo giudizio e al 2008, per il secondo.
In primo grado, la condanna: 3 milioni di euro di risarcimento; l'appello conferma. Intanto l'azienda (Il Messaggero) mette tra i passivi la somma del risarcimento e chiede lo stato di crisi, così può alleggerirsi di 38 giornalisti.
Nella sentenza il critico viene accusato di aver “distorto il pensiero dell’illustre maestro” (il maestro in una lettera conferma le dichiarazioni riportate nell'articolo), “confezionando un articolo volutamente scandalistico”. “O il giornalista ha deliberatamente falsato il contenuto dell’intervista. Ovvero, non capendone bene le parole, non si è fatto scrupolo di 'confezionare' un articolo esplosivo”.
Ti distrai un attimo per difendere la libertà di stampa e di informazione e ti tolgono quella di critica.
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