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Una sfilata di litigi
Voleva una rassegna di soli tre giorni, per concentrare il tour de force delle sfilate milanesi e rientrare a casa in tempo per la notte degli Oscar, dopo la tappa parigina. Forse non vestirà più Prada, ma al diavolo Anna Wintour, potente direttore di 'Vogue' Usa, è bastata una telefonata per gettare la città e una delle sue eccellenze, la moda, nel delirio di una programmazione senza più ordine.Nei giorni della Wintour è tutto un accavallarsi di marchi: fino a 18 sfilate al giorno. Malumori e mugugni da parte dei compratori, ma la voce degli stilisti sulle prime non si sente. Tanto che Mario Boselli, presidente della Camera nazionale della Moda, punta il dito contro i grandi che non hanno esitato a devastare il calendario, e alla Wintour dice: "Cara signora, se la pensa così stia pure a casa".
Un sussulto d'orgoglio raddrizza le schiene. Della Valle rompe gli indugi e richiama i colleghi alla responsabilità: "Il problema non è l'arroganza di chi chiede, ma la debolezza di chi risponde". In gioco non c'è soltanto la riuscita della kermesse, ma la tenuta di un intero sistema fatto di alberghi, ristoranti, negozi, spazi espositivi, tutto l'indotto cittadino, cioè, legato alle sfilate e stimato in 150 miliardi.
Il sindaco Moratti è costretta a giocare in difesa: "Facciamo squadra". E per il prossimo appuntamento di settembre promette una settimana così forte che "i giornalisti stranieri saranno interessati a rimanere sette giorni su sette". Una toppa sul vestito strappato o la scoperta di un business? La moda rappresenta il 4 per cento del Pil, comprende 57 mila aziende con circa 65 mila addetti, e una quota di export del 51 per cento.
O. P.
(op cit)* nel senso che questa notizia è pubblicata sull'espresso in edicola questa settimana e anche sul sito del settimanale, a margine di un servizio sulla città di Milano.
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