domenica 29 novembre 2009

Questo non è un paese per vecchi (cerebralmente vecchi)


Due mesi per capire che la manifestazione del 5 dicembre è una manifestazione nata dalla Rete, fatta dalla Rete, per chi frequenta la Rete.
Nulla è cambiato, invece. Non ora, non per questa chiamata di piazza. Quel che è cambiato è il modo di fare politica con la Rete. Il No B Day dimostra che non c’è più bisogno di partiti per mobilitare cittadini e nemmeno della Cgil per organizzare pullman.
Facciamo da noi, senza intermediari. Grazie”.  Ecco la parola d’ordine di sempre di questo No B Day. I partiti se ne facciano una ragione. La società civile vive e con la Rete ha trovato spazi di democrazia digitale, perché quelli dell’analogico sono tutti occupati.

(Foto: L'albero di zia Rita, Olga Piscitelli)

venerdì 20 novembre 2009

Giornalisti per Caso

Pubblico questa lettera inviata a Giovanni Negri, presidente Alg, l'associazione lombarda dei giornalisti, e ai colleghi del sindacato di categoria.

Caro Giovanni, cari colleghi
(...)

Vorrei segnalare un articolo pubblicato sul web e diffuso al punto che ne ho ricevute una decina di copie via mail.
Parla della nuova avventura editoriale di Fabio Caso e dei fratelli Luigi e Ambrogio Crespi. Il Clandestino è il titolo della testata; direttore responsabile David Parenzo, vicedirettore Pierluigi Diaco.
Non conosco la collega che ha firmato il pezzo, constato che una ricostruzione così puntuale omette qualsiasi particolare sul passato dei protagonisti, anche quando l’intervistato ne fa cenno.
Di seguito comunque trovate l’articolo.
Vi ricordo per sommi e sommari capi che il signor Caso nel 2007 ha licenziato in tronco 35 colleghi che lavoravano a Dieci, testata di sua proprietà, perché avevano scioperato. Lo sciopero era stato indetto perché non arrivavano più gli stipendi.
Nel 2001, i Caso avevano chiuso anche una testata free press a Roma, Il Globo, con identiche modalità e in precedenza anche un call center in Sardegna.
Nel 2003, dopo aver contattato i Crespi, Fabio Caso mostrò interesse per ilNuovo.it, testata on line acquistata dalla Holding della Comunicazione di Crespi per il prezzo simbolico di un euro, a fronte di un patrimonio di 40 giornalisti, due redazioni, tre anni di attività e archivi e soprattutto un tesoretto di 3 milioni di euro (le liquidazioni dei giornalisti) ceduti a titolo di dote dai precedenti proprietari, Francesco Micheli e Silvio Scaglia. Il tutto è al centro di un processo per bancarotta che vede i Crespi (tutti: mogli incluse) sul banco degli imputati.
La trattativa con i Caso per ilNuovo.it non partì neppure, Guido Besana e tu Giovanni lo ricordate bene. Fu semplice andare a Roma, quella volta, e con una ricerca d’archivio trovare i precedenti – già ai tempi numerosi – dei Caso.
Di recente, i Caso sono tornati alla ribalta con la pretesa di acquistare l’Unità, quando dopo il passaggio a Renato Soru, l’ex patron di Tiscali disse che era in difficoltà.
Nell’articolo di Anna Martina Leogrande che vi trasmetto ci sono riferimenti alla vicenda Hdc che non concordano con le ricostruzioni che i magistrati hanno fatto per il processo. Ho provveduto a mandare l’articolo al pubblico ministero Laura Pedio, ma vi ricordo che il nostro sindacato è coinvolto come parte lesa nel processo sul fallimento di Hdc. E’ stata l’Inpgi ad anticipare parte delle liquidazioni per i colleghi del Nuovo.it, inoltre, in qualità di ex cdr del giornale sono testimone contro i Crespi in tutti i procedimenti civili e penali in corso a Milano. Invierò a magistrati e avvocati anche questa mia lettera.
Non devo ricordare a nessuno le prodezze di Luigi Crespi, finito di recente anche nei dossier del caso Marrazzo e sui giornali per aver diffuso a un gruppo di parlamentari del centrodestra sms con la notizia che “circola un video di Marrazzo che va con i trans”.
Sono sicura che, con i consigli di tutti, questa assemblea saprà trovare i modi per evitare quella che Gianni Mura in un breve ma straordinario articolo sulla vicenda del Dieci (La Repubblica, 11 settembre 2007) definì “la tolleranza mille”, per evitare di ritrovarsi ancora una volta a rimborsare ai giornalisti stipendi che gli imprenditori non hanno versato, o peggio a coprirne le spese legali.
Credo che il sindacato abbia la responsabilità di mettere in guardia i colleghi meno attenti e quanti nel deserto occupazionale di oggi tendono a fidarsi per un lavoro, purché sia. E credo anche che questo sindacato debba tutelare se stesso, perché un occhio chiuso oggi non diventi la concausa di un sindacato in meno domani.

Con affetto, Olga

*****

INTERVISTA ad Ambrogio Crespi di Anna Martina Leogrande - "Quando Fabio Caso mi ha raccontato della sua intenzione di fare del Clandestinoweb un quotidiano cartaceo - racconta Ambrogio Crespi, oggi direttore editoriale del futuro "Il Clandestino" - pensai fosse matto". Ma la follia in fondo piace a tutti. Anche ai Crespi. Che, perciò, hanno accettato la sfida. "Siamo artefici del primo progetto che compie il percorso inverso: da Internet al cartaceo - racconta Crespi - e che si propone di essere un autentico quotidiano di opinione come non ne esistono sul mercato".
Il periodo pare non aiuti. Ovunque si assiste al calo delle vendite nei prodotti editoriali. Il che sembra un controsenso. Ma sembra e basta. Perché "in realtà - continua Ambrogio Crespi - abbiamo l'opportunità di poter riempire quegli spazi che sono liberi in edicola". E se ancora non bastasse, c'è anche un pizzico di esoterismo. Perchè "Il Clandestino" sbarcherà in edicola il 24 novembre, che per i Crespi è una data storica.
"Fu proprio in quel giorno del 2003 che si decretò la fine dell'HDC (la holding della comunicazione che comprendeva circa 40 società, inclusa Datamedia, colosso dei sondaggi, ndr) per cui la sfida si raddoppia. Ma sono sicuro che ci porterà fortuna".
A questo punto la curiosità impazza. Come sarà il nuovo quotidiano? La provocazione partirà dalla grafica, su indicazione dell'editore. Un formato tabloid a quattro colonne, "perché - spiega Ambrogio Crespi - la lettura è orizzontale e colonne più larghe aiutano a leggere meglio".
La formula grafica ricorda molto The Independent, con grandi foto a colori in prima e all'interno. Due fogli, otto pagine, e finanziamenti pubblicitari considerevoli. Tra gli argomenti, ci sarà anche il gossip, quello politico. "Toccheremo tutte le età - sostiene Ambrogio Crespi - anche e soprattutto i giovani. Affronteremo qualsiasi argomento con grande coraggio".

mercoledì 18 novembre 2009

La liberté de plume est indissociable de l'idée même de démocratie

La libertà di pensiero è sotto attacco in Italia. Ma per saperlo bisogna leggere Le Monde. Nell'articolo dal titolo Nous soutenons Antonio Tabucchi un gruppo di intellettuali firma la petizione a sostegno dello scrittore italiano. Les démocraties vivantes ont besoin d'individus libres. D'individus courageux, indisciplinés, créatifs. Qui osent, qui provoquent, qui dérangent. Il en est ainsi des écrivains dont la liberté de plume est indissociable de l'idée même de démocratie.
De Voltaire et Hugo à Camus et Sartre, en passant par Zola et Mauriac, la France et ses libertés savent ce qu'elles doivent au libre exercice de leur droit de regard et de leur devoir d'alerte face à l'opacité, aux mensonges et aux impostures des pouvoirs. Et l'Europe démocratique, depuis qu'elle se construit, n'a eu de cesse de conforter cette liberté des écrivains contre tous les abus de pouvoir et les raisons d'Etat.
L'appello è firmato, tra gli altri, da Claudio Magris, Orhan Pamuk, Philip Roth, José Saramago, Mario Soares, Philippe Sollers, Costa-Gavras, Andrea Camilleri, Theo Angelopoulos e Valerio Adami.
"In Italia la libertà degli scrittori contro tutti gli abusi di potere e le ragioni di Stato è messa in pericolo dall'attacco smisurato contro Antonio Tabucchi, al quale il presidente del Senato domanda per vie legali una somma esorbitante (un milione 250mila euro) per un articolo su L'Unità, giornale che tuttavia non è perseguito", si può continuare a leggere. "Il crimine di Tabucchi? Aver interpellato Schifani, personaggio centrale del potere berlusconiano, sul suo passato, le sue relazioni d'affari, le sue dubbie frequentazioni. Per la scelta dell'obiettivo - uno scrittore che non ha rinunciato ad esercitare la sua libertà - e per la cifra, astronomica per una vicenda di stampa, lo scopo ricercato è quello di intimidire la coscienza critica e far tacere il più gran numero di persone".

lunedì 2 novembre 2009

I freni della democrazia

«Trattare non gli piace. Gli riesce difficile prendere atto che la democrazia pone dei freni. Silvio è un uomo del fare. I freni gli danno fastidio. Ma non è un dittatore come dicono».
Fedele Confalonieri, amico si Silvio Berlusconi fin dai tempi del liceo, racconta punti di forza e debolezze del premier in un'intervista a La Stampa.
I freni sarebbero i bilanciamenti tipici di una democrazia: la separazione dei poteri, la Costituzione, il Parlamento, la Consulta, gli elettori. Senza quei contrappesi la democrazia non è più democrazia.

Ma oggi quel che mi sconcerta è il silenzio della politica. Nessuno ha niente da dire. Domani, spero, le solite voci si alzeranno per ricordare, per esempio, che Milano 2 ha avuto tracolli improvvisi in corso d'opera e altrettanto improvvisi ripianamenti. Che i miliardi di cui parla Confalonieri non sono certo arrivati subito nelle tasche dei costruttori, che c'è voluto del tempo...
E che il mistero di come sia nata la tv resta tutto da decifrare.

Ma oggi, nella Rete, ho cercato per ore una reazione, una parola di spiegazione che riportasse la barra al centro della democrazia. Magari anche solo una domanda, tipo: freni a che cosa? Nulla.
Ditemi che mi sono sbagliata.