sabato 31 ottobre 2009

"Ora luce sul caso Cucchi. In dieci mesi, 16 morti per cause da accertare"

"La morte di Stefano Cucchi e l’ondata di indignazione, soprattutto dopo la pubblicazione delle sconvolgenti immagini del corpo martoriato di quel ragazzo, sono un fortissimo e drammatico richiamo alla realtà: una scossa per tutti, oggi, ma una scossa che dura da sempre per chi nel carcere lavora". Francesco Morelli, curatore per Ristretti Orizzonti, del Dossier Morire di carcere, legge la conaca con occhi diversi. Spera che questa volta "sia fatta luce al più presto", ma non dimentica tutti gli altri "casi di buio" finiti nel nulla. Ristretti Orizzonti, giornale di informazione della casa circondariale di Padova e dell'Istituto di pena femminile della Giudecca, segue dal 2000 i casi di morte dietro le sbarre.
In 10 anni, secondo i dati raccolti dal di dentro, nelle carceri italiane sono morti più di 1.500 detenuti, oltre un terzo dei quali per suicidio: i suicidi sono stati, in questo stesso arco di tempo, 543 su 1.529 morti in totale.
Come un diapason ipersensibile, il carcere registra ogni cambiamento. "Oggi a fronte di 20 mila detenuti in più nelle carceri italiane - spiega Morelli - ci sono 5 mila agenti di meno. Il sovraffollamento aumenta non solo la percentuale dei morti, ma anche il tasso di mortalità. Soffrono in primo luogo i detenuti, ma soffre anche la polizia penitenziaria, che nell’ultimo mese ha pagato con tre suicidi lo stress di un lavoro sempre poco riconosciuto. E se gli agenti stanno male, costretti come sono a fare turni di 12 ore, soffrono di conseguenza anche i detenuti. Sia chiaro, non c'è giustificazione possibile, è solo una correlazione che si registra con chiarezza".
Da gennaio al 30 ottobre negli istituti di pena italiani sono morti 146 detenuti, di cui 59 per suicidio. I suicidi riguardano prevalentemente i detenuti che hanno meno di 25 anni, "perché in carcere ci vanno i giovani, principalmente": i 10 "morti di carcere" più giovani del 2009 sono tutti suicidi; due di loro avevano solo 19 anni. Le morti per "cause da accertare" sono 16, 14 quelle per "malattia".
I dati complessivi del 2009 denunciano un aumento di 20 suicidi rispetto ai primi 10 mesi del 2008, mentre il totale delle morti "di carcere" hanno già superato il totale dello scorso anno: 146 contro 142.
"Le inchieste vengono avviate, ma poi finiscono in tempi lunghissimi. In media - dice ancora Morelli - ogni anno, nelle carceri italiane, muoiono 150 detenuti, di cui circa un terzo per suicidio e gli altri due terzi per “cause naturali” non meglio specificate. Gli omicidi registrati sono 1 o 2 l’anno. Con il nostro dossier cerchiamo di dare una lettura diversa a queste morti, distinguendo quelle causate da “malattia” da quelle per overdose (di droghe, di farmaci, di gas butano), ma anche segnalando i casi nei quali vengono aperte inchieste giudiziarie per l’accertamento delle cause di morte: sono le “cause da accertare”, che a volte rimangono tali finché cadono nel dimenticatoio. Sulla morte di Marcello Lonzi, per esempio, avvenuta nel 2003 nel carcere di Livorno, ancora non c’è una verità accertata".
A tutto si aggiunge il riverbero in negativo della crisi economica. "Mancano soldi per tutto, anche per la carta igienica. Dal 2005 ad oggi il sistema carcerario ha subito tagli in totale per un 50 per cento. Questo vuol dire che ora ogni istituto di pena dispone di poco più della metà dei soldi che aveva quattro anni fa".

mercoledì 14 ottobre 2009

Paura, guardia o ladro che tu sia


«Come diceva Bertold Brecht? È un crimine più grande fondare una banca o rapinarla? Bene, io a quella domanda come tutti sanno ho dato una risposta. Ma guardandomi intorno oggi, sai cosa mi colpisce? Che quarant´anni fa, Milano era più cupa, più sporca. Ma ad avere paura era solo chi aveva il grano. Le porte delle case restavano aperte. Gli operai che tiravano la lima alla Marelli lasciavano i ragazzini alla vicina o in cortile. Oggi chi ha il grano paura non ne ha più. La paura è dei disgraziati. Paura di essere scippati, violentati, accoltellati. E sai cosa trovo ancora più incredibile? Che a dire «al lupo, al lupo», però, sono rimasti sempre quelli che hanno il grano. Oggi uno che fa una rapina prende quindici anni. Chi manda sul lastrico qualche decina di migliaia di famiglie succhiandosi i loro risparmi, va bene se fa un mese ai domiciliari. Il senso della comunità è andato a farsi fottere. E se non c´è comunità, non c´è mito. Guardia o ladro che tu sia».

Renato Vallanzasca, nell’intervista a Carlo Bonini pubblicata su Repubblica (14 ottobre 2009)

Foto scattata a Ferrara, Palazzo dei diamanti