domenica 28 febbraio 2010

Garbo e Stile

Come un tuffo nell'armadio della zia, per scoprire che nella moda di oggi tutto era già stato inventato. Alla Triennale di Milano, fino al 4 aprile, Greta Garbo, il mistero dello stile, si propone di analizzare il mito della divina a partire dal suo guardaroba. Giacche in maglina di lana, baschetti neri, cappotti a uovo, maniche a tre quarti, gonne dagli orli a sbalzo. E vestiti e scarpe (la mostra è realizzata da Ferragamo). Ex post si direbbe: vestiva Armani. Ma è Armani che ha copiato la divina.

(La foto è l'ultima immagine catturata uscendo dalla mostra)

venerdì 26 febbraio 2010

Una sfilata di litigi (op cit.)*


ATTUALITÀ

Una sfilata di litigi

Voleva una rassegna di soli tre giorni, per concentrare il tour de force delle sfilate milanesi e rientrare a casa in tempo per la notte degli Oscar, dopo la tappa parigina. Forse non vestirà più Prada, ma al diavolo Anna Wintour, potente direttore di 'Vogue' Usa, è bastata una telefonata per gettare la città e una delle sue eccellenze, la moda, nel delirio di una programmazione senza più ordine.

Nei giorni della Wintour è tutto un accavallarsi di marchi: fino a 18 sfilate al giorno. Malumori e mugugni da parte dei compratori, ma la voce degli stilisti sulle prime non si sente. Tanto che Mario Boselli, presidente della Camera nazionale della Moda, punta il dito contro i grandi che non hanno esitato a devastare il calendario, e alla Wintour dice: "Cara signora, se la pensa così stia pure a casa".

Un sussulto d'orgoglio raddrizza le schiene. Della Valle rompe gli indugi e richiama i colleghi alla responsabilità: "Il problema non è l'arroganza di chi chiede, ma la debolezza di chi risponde". In gioco non c'è soltanto la riuscita della kermesse, ma la tenuta di un intero sistema fatto di alberghi, ristoranti, negozi, spazi espositivi, tutto l'indotto cittadino, cioè, legato alle sfilate e stimato in 150 miliardi.

Il sindaco Moratti è costretta a giocare in difesa: "Facciamo squadra". E per il prossimo appuntamento di settembre promette una settimana così forte che "i giornalisti stranieri saranno interessati a rimanere sette giorni su sette". Una toppa sul vestito strappato o la scoperta di un business? La moda rappresenta il 4 per cento del Pil, comprende 57 mila aziende con circa 65 mila addetti, e una quota di export del 51 per cento.

O. P.


(op cit)* nel senso che questa notizia è pubblicata sull'espresso in edicola questa settimana e anche sul sito del settimanale, a margine di un servizio sulla città di Milano.

Arcore si fa in quattro (op cit.)*


ATTUALITÀ

Arcore si fa in quattro



Francesco Magnano, professione geometra, è candidato alle regionali, nel listino bloccato di Formigoni. È uno dei nomi scelti dal premier. Ma soprattutto è l'uomo di Milano 4, la nuova impresa berlusconiana che sorgerà nella brughiera brianzola, alle porte di Villa San Martino. Un affare da 200 milioni, che rappresenta la terza punta del triangolo immobiliare nato con Milano 2, a Segrate, e proseguito con Milano 3, a Basiglio. Ad Arcore, sui terreni che furono della contessina Casati Stampa, sorgeranno 25 palazzi per 400 appartamenti e una superficie di 50 mila metri quadrati di pavimenti.

Il progetto, presentato al sindaco Pdl Marco Rocchini, ha scatenato un terremoto. Il parco è zona d'interesse regionale sottoposta a vincolo e destinata a uso agricolo. Ma il via libera per costruire arriverà. È pronto a scommetterci il consigliere pd Fausto Perego: "L'ok spetta a Formigoni e a un altro uomo del Pdl, Emiliano Ronzoni, che guida il Parco della Valle del Lambro". In Comune sono già saltate due teste. Il capogruppo del Pdl Stefano Picotti Savelli, ex An, e il presidente della commissione Urbanistica Rocco Addesa, ex Fi, rinunciano al mandato: ufficialmente per altri motivi, ma il loro disappunto sul progetto è noto. Resta da capire il senso dell'operazione gestita da Idra, l'immobiliare della famiglia del premier che porterà ad Arcore 1.200 nuovi abitanti nell'area protetta di 300 mila metri quadrati che Berlusconi aveva comprato in blocco per preservarla dal cemento e dall'invadenza di possibili vicini. Il business frutterà almeno un centinaio di milioni. Farà perdere valore alla villa destinata a Veronica dopo il divorzio?
O. P.


* (op cit.) nel senso che questa notizia è pubblicata sull'espresso in edicola questa settimana e anche sul sito del settimanale, a margine di un articolo su Milko Pennisi.

sabato 20 febbraio 2010

L'ultimo scatto


Ho un amico in meno. Non l'ho cancellato dalla lista: se ne è andato. Consapevole del suo destino, arrabbiato e amareggiato, ha registrato da cronista l'arrivo al traguardo. Non lo ha capito, perché a 45 anni, con una vita lasciata a metà, non poteva farlo. Lo ha visto però e ha saputo raccontarlo alle figlie, ai suoi genitori, a chi gli stava attorno.
Abbiamo condiviso impegni, felicità, vite.
Da fotoreporter ha scattato immagini bellissime e agghiaccianti. L'ultima l'ha consegnata con un fil di voce alla moglie: "Spargi le ceneri sul fiume dove andavo a pescare da ragazzo".

(La foto è mia, l'ho scattata a Roma, in quello che non sapevo sarebbe stato l'ultimo giorno di Stefano)

lunedì 15 febbraio 2010

Tanga e torcicolli

La contrazione dei glutei aumenta la potenza muscolare delle braccia? Se così fosse, si spiega il perché una massaggiatrice dovrebbe indossare "un bikini di tipo brasiliano in po' stretto"...
Al prossimo torcicollo verifico con la mia massaggiatrice di riferimento (nella speranza di non ricevere un colpo secco).

sabato 13 febbraio 2010

Bachelet, per fortuna

C'è voluto un colpo di mano della Rai per capire davvero di che vergogna si tratti. Una puntata del programma, "A sua immagine", che doveva essere dedicata alla memoria di Vittorio Bachelet, ucciso 30 anni fa dalle Br, cancellata dal palinsesto di Raiuno, perché a ricordare il professore freddato sulle scale della Sapienza il 12 febbraio del 1980, ci doveva essere Giovanni, il figlio, deputato del Pd.
Per effetto del nuovo regolamento approvato dalla commissione di Vigilanza Rai, la par condicio si allunga fino a 45 giorni prima delle elezioni: nessun politico può affacciarsi dal teleschermo, a meno che la trasmissione che lo ospita non si trasformi in una tribuna elettorale.
Quando il regolamento è stato approvato, il 9 febbraio, il Pd è uscito dall'aula nel tentativo di far cadere il numero legale. La proposta è partita dal radicale Marco Beltrandi. Roberto Rao dell'Udc, restando in aula ha di fatto reso possibili le votazioni. Ed ecco il pasticcio.
L'opposizione, a quel punto, avrebbe dovuto prendere i megafoni e urlare subito a squarciagola la vergogna, l'insulto, l'attacco a quel diritto ad essere informato che è previsto dalla nostra Costituzione.
Invece la notizia che pure è finita sui giornali, in tv è stata trattata alla stregua del solito battibecco politico. Alla fine, non deve essere circolata nemmeno tra i deputati dell'opposizione se Giovanni Bachelet, che considero un mio amico oltre che un politico attento, stupito per lo stop al programma, ha chiesto aiuto a Facebook: "C'è qualche giornalista in onda? Ho saputo ora che la Rai ha abolito la puntata della trasmissione religiosa "A sua immagine" che doveva andare in onda oggi alle 17 per i 30 anni di papà perché c'è un'intervista a me, deputato PD! Pare che un regolamento approvato da poco estenda il divieto a 45 giorni prima delle elezioni (la campagna comincia 30 giorni prima) e il divieto anche a chi non è candidato. Chi mi aiuta?".

Sono indignata per il regolamento che ancora una volta fa saltare tutte le regole. Ma sono anche arrabbiata perché l'opposizione non fa opposizione. Si può perdere ai punti una partita, ma qui è come se avessero già data per vinta al nemico tutta la guerra.

Pennisi e il partito dove la libertà non è di casa

“In questo sito, aperto nel 1997 e costantemente aggiornato, troverete tutte le informazioni che mi riguardano, sia di carattere politico che della mia vita professionale e privata”. Non è vero: Milko Pennisi, il consigliere pdl di Milano, travolto dallo scandalo tangenti non aggiorna in modo sistematico la pagina web che lo riguarda.
Le prodezze tangentare e machiste non ci sono: informa della laurea in Diritto ecclesiastico, del Master in comunicazione d’impresa a Publitalia, del cane Spike e delle gatte Mimì e Maffi. Non una sillaba sul metodo delle ruberie elevato a sistema politico, sui trucchi che nemmeno la più imprudente Ligera avrebbe mai suggerito agli sceneggiatori di film sulla mala milanese.
In automatico, invece, sono arrivati i commenti.
Hai qualche suggerimento? Chiede imprudente il format: “Restituisci i soldi” e “Vai a Rosarno a cogliere pomodori”, gli ultimi messaggi postati. “Quello che hai fatto è poca roba in confronto a quello che non sappiamo. Comincia a parlare, tira dentro anche gli altri che come te hanno rubato e continueranno a farlo se non collabori”, l’invito, serioso, di un ex fan. E, ancora: “Ottimo sito, mi è piaciuta molto la parte su Milano pulita. Aggiungerei al programma una campagna di moralizzazione, un bell'esame di coscienza, e un ravvedimento all'ultimo minuto: puoi sempre sperare nel perdono”.

Quanta velocità sul web, e quanta libertà. Martedì a Montecitorio porranno la fiducia sul Milleproroghe: ci terremo il decreto Pisanu ancora per un po’, così il wifi in Italia non sarà free. Almeno quello, devono aver pensato gli amici di Pennisi al governo.

domenica 7 febbraio 2010

venerdì 5 febbraio 2010

Internet favorisce chi sta all'opposizione?

La riflessione è tutta sugli Stati Uniti: la rete contro Obama. Ma c'è un sacco da meditare...

Nella foto, Palazzo del cammello, Cannaregio - Venezia

mercoledì 3 febbraio 2010

Chiudere i pozzi, ignorare storielle

Dice Berlusconi - al suo solito in modo cafonal e cioè rispondendo ad una domanda non sua - che "i giornalisti quando non avvelenano i pozzi, inventano storielle". Più o meno la stessa cosa, detta in modo più elegante, dal prefetto della Congregazione dei Vescovi, Giovanni Battista Re a proposito di un giornalista, un dipendente molto in vista di una delle aziende della famiglia del Presidente del Consiglio.

Il contrappasso lo racconta Giuseppe Civati dal suo blog. In Lombardia c'è una notizia che nessuno vuol raccontare. Non i giornalisti che - ne ho prove dirette - l'hanno proposta alle redazioni, ma i giornali. L'establishment dei giornali ha deciso di non pubblicare neppure un rigo di quella storia che secondo i manuali di giornalismo avrebbe tutti i crismi della notiziabilità. Qualche commentatore ne ha fatto cenno, per la verità. Qualche "pericoloso comunista" al soldo di questo o quell'editore ne ha parlato sul blog. Per il resto, vale la confusione di cui scrive Civati.

Il bello è che la presentazione dell'iPad ha scatenato dibattiti - soprattutto in Rete - sul futuro del giornalismo. Ci si è chiesti come dovrà cambiare l'informazione che passerà per supporti nuovi come quello di Steve Jobs come il Kindle o altri electronic reader. Linko ad uso personale la nota di Ernesto Assante, perché alle sue sostanziali riflessioni voglio aggiungere questa: se il giornalista non impara ad essere libero, curioso, attendibile e preciso, se anche ci presentasse le sue notizie su una tavoletta d'oro, chi le leggerebbe?